VittorioNistri Filippo Panichi

In questo mio lungo peregrinare senza meta nel mondo della musica ho avuto la fortuna di
conoscere e frequentare, spesso solo virtualmente, persone eccezionali e di grande talento che, se
vivessimo in un tempo normale, rappresenterebbero dei punti cardine del mondo musicale e
culturale. Uno di questi è certamente il musicista e compositore Vittorio Nistri, i cui album sono
un geniale mix di sperimentazione e rigenerazione di stili e generi. Nulla è scontato o prevedibile e
ciò non può che essere considerato un merito, perché significa mettersi in gioco sempre senza mai
dare nulla per scontato. Per quanto gli album siano sempre diversi e spiazzanti però un fil rouge lo
si può individuare nell’attenzione con cui osserva la realtà del nostro tempo, per poi raccontarla
nelle sue molteplici forme. In Ossi, album tra i più significativi del 2022, la psichedelia e la
spontanea aggressività del garage rock riletti in chiave moderna sono diventati strumenti per
inchiodare la società contemporanea ai suoi vizi e alle sue responsabilità attraverso un sarcasmo che
non assolve né si autoassolve, perché tutti viviamo la stessa realtà e lo stesso tempo. In Vittorio
Nistri Filippo Panichi
, album strumentale uscito anch’esso per Snowdonia, il registro
comunicativo cambia completamente. I nove brani possono considerarsi come la colonna sonora di
un film distopico in cui è facile intravvedere sia l’inesorabile disgregarsi delle umane certezze sia
una possibile via di salvezza. Un’interpretazione la mia che nasce dall’ascolto ripetuto del disco,
dalla disposizione dei titoli che non è mai frutto del caso ma anche dal curatissimo packaging che
può considerarsi a tutti gli effetti un’opera d’arte. Vittorio Nistri Filippo Panichi è il classico disco
che va letto e compreso nella sua globalità, perché i due musicisti ne hanno curato ogni singolo
particolare. Il faro di Schrödinger con le sue atmosfere sospese e cariche di tensione apre l’album.
L’accostamento con il famoso paradosso è immediato e la considerazione che nasce spontanea è
che al posto del gatto ci sia l’umanità di questo surreale periodo storico. Nel faro o forse sarebbe
meglio dire nella sua luce che sembra non esserci ho visto la cultura, il senso critico e la genialità,
elementi sempre più atrofizzati dalla barbarie del consumismo, sempre più sostituiti
dall’intelligenza artificiale. Ma poiché non possiamo sapere se la luce del faro sia spenta o se si
riaccenderà, in attesa di una risposta sarà la luce della luna che campeggia sulla copertina a
illuminare il dipanarsi delle storie dei successivi sette brani. Storie dimenticate da scoprire o da
riscoprire, input su cui riflettere o semplici prese di coscienza. Sheriff in Tiraspol è un paradosso
storico che fa riflettere visto che tutto nella città moldava si richiama al comunismo ai suoi simboli
ma tutto è in mano all’oligarchia. La Costante Elastica è una legge della fisica che traslata alla
realtà attuale fa sorgere spontaneamente un’angosciante domanda: quale sarà l’evento che scatenerà
l’inizio della fine / che porterà a un nuovo inizio? La storia che più mi ha affascinato è quella
raccontata in Maya Deren Blues, una storia quella della regista newyorchese di origine russa che
non conoscevo e che mi ha inchiodato a youtube per diverse ore. I suoi cortometraggi sono un
viaggio onirico in cui realtà, psicanalisi e vita vissuta diventano arte. Difficile dar loro un’etichetta
così come è difficile inquadrare la vita dell’attrice / regista in una sola arte visto che si è dedicata
anche alla danza e alla politica fino a diventare una sacerdotessa voodoo e immortalarne i riti nel
1953 in Voices Of Haiti. Una vita dedicata all’arte nella continua ricerca del senso della vita e non
è un caso che potendolo solo intuire abbia deciso di cambiare il suo nome di battesimo da Eleonora
a Maya, chiaro riferimento al pensiero di Schopenhauer. Il video postato alla fine di queste righe,
stato realizzato da Filippo Panichi ha estrapolato scene significative dai vari cortometraggi per
adattarli alla musica. L’ultimo brano, il nono per l’esattezza, s’intitola Prove Tecniche Di
Solitudine
sembra avere una storia a sé esattamente come il primo. È il brano che chiude il cerchio
e che tradisce un certo pessimismo riguardo al futuro degli intellettuali e più in generale su quello
dell’umanità ma opere come queste possono riaccendere la luce.
Come scritto in precedenza nulla è stato lasciato al caso quindi prima di chiudere i complimenti:
all’artista Giuseppe Stasi che realizzato la splendida copertina partendo da una serie di opere
realizzate per l’occasione; ai musicisti che hanno collaborato alla realizzazione di uno dei dischi più
belli dell’anno; alla Snowdonia Dischi per dar voce ad artisti di tale caratura.

©Fortunato Mannino

Vittorio Nistri
Filippo Panichi
Snowdonia Dischi

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