Suicide is Painless

Max aveva preso coraggio e aveva cominciato a sciorinare tutta una serie di cauti giudizi, annotazioni critiche, analisi del testo, il montaggio analogico, l’occhio della madre, maneggiando con cura e
timore l’ultimo racconto di Nina, la quale, come sempre, aveva preteso che lui le fornisse un parere da lettore prima di procedere con la correzione dei refusi e delle ripetizioni del papiello.
Lui sapeva che l’operazione presentava diverse insidie e ponderava ogni sillaba, ogni espressione, il tono della voce. Si sentiva gratificato dal fatto che lei non lo stesse interrompendo con un improperio o una pacata osservazione su quanto stesse scivolando lungo il crinale dell’editor mentre gli veniva chiesto di interpretare il lettore. Ottimo, si viaggia bene per ora, nessuna tempesta all’orizzonte, pensava lui mentre le parole sussultavano timorose dalle sue labbra.
Però qui si esagera, osò concedersi durante una pausa per riprendere fiato, la ragazza è distratta.
«Ciccia il tuo silenzio è la migliore recensione che abbia ricevuto fino a oggi sulla mia interpretazione del villico lettore, mi fa altresì temere che tu sia distratta mentre sto qui che lavoro per te. Che accade?»
Silenzio. Nina stava china su quel cellulare infernale e armeggiava con una foga preoccupante.
«Scrivi come Ale Ortica, te l’hanno mai detto? Tipo, una via di mezzo tra Ortica e gli autori delle battute di Greggio, una cosa del genere.»
«Hm?»
«Eh.»
«Ok Cicci, abbiamo finito le vocali, chi ha vinto?»
«Bentornata principessa, dove sei stata di bello mentre io lavoravo per te?»
«Ma figurati, ti ascoltavo, solo che intanto cercavo di impostare questo maledetto telefono su “non farmi rompere i coglioni dai call center”. Non è facile. Ho trovato un tutorial su Instagram ma può essere che mister Uomo dei Miracoli non abbia un modello di cellulare simile al mio, porca paletta.»
«Ciccia, hai usato “coglioni” e “porca paletta” nella stessa frase, non è un buon segno.»
«Me ne rendo conto Cicci, devo essere sconvolta, tra poco comincerò a pensare per abbreviazioni, vedrai uscire dalla mia testa i fumetti pieni di K al posto delle C, sei M o F? Da dve dgt? Morirò sbagliando la consecutio. La fine è vicina.»
«Mi piaci perché sei sobria, Ciccia. Comunque, vediamo di sistemare questo…»
Le note di “Suicide Is Painless” svolazzarono per la stanza riempiendola di una dolcissima malinconia e immagini color seppia di soldati in trincea. Max si prese qualche secondo per ponderare una giusta reazione a quella suoneria e si avventurò «siamo passati dalle note dell’Agente Pepper a MAS*H, mi devo preoccupare?» le disse rivolgendole il solito sguardo di sbieco, vagamente indagatore.
«Provo a rispondere a questo numero sconosciuto e te lo dico…» disse lei maneggiando cautamente lo smartphone come se si aspettasse che esplodesse di lì a poco.
Accettò la chiamata ma non rispose subito perché l’esperienza le aveva insegnato che solitamente dopo pochi secondi parte una registrazione “ciao, passa a Voldemort Infinity, abbiamo tante interessanti offerte su Luce, Acqua e Gas intestinale, aderisci alla comunità hippy per la salvaguardia del gabbiano” che ti fa sentire un deficiente che parla da solo.
Dopo un’iniziale incertezza, una signora dall’accento marcato come un caratterista da cabaret si palesò «pronto?», sì che era pronta ma non voleva darle soddisfazione, quindi rispose freddamente «sì,
pronto?»
L’Impestata cominciò a declamare il suo copione «è il signor Max?»
«Ma come signor Max? Ho la voce da signor Max?» si indispettì Nina.
«Beh, è il numero del signor Max, giusto?»
«No, è il mio e comunque non sembrerebbe un valido motivo per chiamarmi Max, non crede?»
«Ma lei è la moglie del signor Max residente in via dei Castelli della Rocca?»
«Moglie io? Non ci penso proprio e comunque come conosce il mio indirizzo? Non lo sa che esiste la privacy? Chi glielo ha dato?»
«Ah-ah! Allora lo ammette! È lei! Il signor Max!» la Signora In Giallo era raggiante.
«Guardi che qui non stiamo girando Victor Victoria» rispose Nina con crescente irritazione.
«Allora, signor Max, lei lo sa che sta spendendo troppo con la sua compagnia telefonica, che mi risulta essere, vediamo un po’…» rumore di zoccoli demoniaci sulla tastiera, odore di zolfo dal ricevitore «… non è possibile, è Tiscali! Cioè esiste ancora Tiscali? Davvero? Giovanni, ti risulta che esiste ancora Tiscali?», la signora si era evidentemente rivolta ai colleghi, Nina poteva sentire vociare e addirittura sogghignare. Max era rimasto impietrito e osservava la conversazione con una certa curiosità, come il lettore che sa
benissimo che se l’intreccio si svela a più di cinque pagine dalla fine del libro, sicuramente ci sarà un colpo di scena in agguato e sarà deflagrante.
Nina era in piedi e cominciò ad agitarsi spostando il peso da una gamba all’altra come se dovesse correre in bagno, gli occhi erano diventati grandi come vassoi da portata «senta un po’, scusi se la disturbo mentre organizza un simposio di perculatori, sono sempre quella che non è Max e vorrei tanto sapere come fate ad avere il mio indirizzo.»
«Senta signor Max, la prego, la scongiuro, mi dica se nel suo cellulare ha ancora attivo qualche abbonamento “cento e passa Loghi e Suonerie”, cioè lei ha la suoneria di “Virgola-la stella del
telefonino”? Oppure quella “ridacci la Gioconda, Materazzi affangol?”»
«A parte che non sono Max…»
«Signor Max la prego, è in viva voce, ci canti la suoneria di Virgola, lo faccia per i miei colleghi che…» partì l’imitazione di “Cecco il fornaio” «non si tivertono mai, stanno sempe chiusi ne loro cuscio».
A quel punto Max decise di passare all’azione e strappò di mano il telefono a Nina «sì, pronto? Buongiorno, sono Julie Andrews, la mia suoneria è stata composta da Henry Mancini appositamente per me. Come? No signorina, non porto la pettinatura “schiaffo”, non oggi almeno. Senta, lei sa chi ha importunato con le sue farneticazioni anni ’80? Si dà il caso che la mia compagna sia poliglotta, bestemmia in sette lingue diverse, una vicina a te. No, non siamo sposati…»
Max turbato appoggiò la mano sulla cornetta e sussurrò a Nina «vogliono sapere perché viviamo nel peccato, cosa dico a questi nazisti dell’Illinois? Che siamo in missione per conto di zio?» restò in
silenzio un attimo con aria meditabonda e scuotendosi da una sorta di torpore ritrovò un assetto da guerriero e impostò un vocione profondo da Ferruccio Amendola «signorina? Siete ancora lì? Tutti?
Bene. Io vi comando e dico, Subcreature: Gozer il Gozeriano, Gozer il distruggitore, Vulguus Zildrohar, il viaggiatore è giunto, scegliete e perite.»
Nina sembrava dubbiosa sull’efficacia della minaccia e Max le alzò le spalle, come per dire che al momento era l’unica idea che gli venisse in mente.
Nina riprese il cellulare con una certa risolutezza, impugnando l’apparecchio come Sheena la guerriera «pronto, signorina? Sì, sono Max.»
Lui tese l’orecchio con fare timoroso, quasi temendo di toccare il telefono «cosa sta dicendo, Ciccia?»
Nina posò la mano sul ricevitore e gli bisbigliò «Dice di essere “il guardia di porta”, se tutto va bene tra poco si trasformerà in un cane di terracotta» poi tornò a rivolgersi alla signora Impestata «torniamo
al punto, come diavolo fa a conoscere l’indirizzo di casa mia?»
«Signor Max, noi sappiamo tutto di lei, non lo sa che bisogna disabilitare il microfono nelle impostazioni del telefonino? Le basi, signor Max. Inoltre lei accetta tutti i biscottini dei vari siti ai quali si rivolge per fare acquisti, a proposito, quei copridivano con le zampette di gatto stampate sopra, sono orrendi. Qualcuno doveva dirglielo.»
«Ma sono antigraffio e io ho tre gatti!»
«Naaa, si stracceranno dopo una settimana, Santiddio! Inoltre se non seleziona “esci” da Facebook chiunque può entrare facilmente e giocare con le sue verdurine, Cristo santo, sono dieci anni che non
ci gioca più nessuno. Sono passata ieri sera per annaffiare le carote, le ho salvate per un pelo.»
«Mio Dio, le carotine! È vero, grazie signorina, lei è stata carinissima!» disse Nina mossa da autentico trasporto e tenerezza verso quella cara, nuova amica.
«E va bene, la riconoscenza è una cosa che mi colpisce sempre, il genere umano è spacciato signor Max, manca la riconoscenza, è merce rara ormai. Comunque la sua suoneria è meravigliosa, davvero, tutto l’ufficio qui mi chiede di riferirglielo. Abbiamo sentito del suo periodo “decadente”, forza, la merda viene, la merda a…»
«O mio Dio, conosce MAS*H!» esclamò Nina prossima alle lacrime, «le è piaciuto, vero? E che mi dice di Altman?»
«E lei, signor Max, che mi dice di Richard Hooker?»

©Ale Ortica

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