Solstizio d’estate

Per il calendario dei più è la notte del 21 giugno, ma per tre donne è Litha, uno degli otto sabbat con cui si celebra il solstizio d’estate.
La stanza è quasi per intero sprofondata nel buio e solo una sottile lama di luce che proviene dall’esterno illumina i loro visi e i loro gesti. Le tre donne si muovono nella notte con sicurezza: manca poco a mezzanotte e quattro candele bianche vengono accese ad altrettanti lati di un tavolino.
Una di loro estrae un bastoncino di incenso da un astuccio in legno e lo avvicina alla fiamma di una candela. L’incenso prende a bruciare e invade la stanza con il suo aroma forte e speziato, purificando l’aria e i loro spiriti.
Da un piccolo cesto intrecciato, la seconda donna estrae tre uova: tre semplici uova di gallina, dal guscio diafano e sottile. La terza ha in mano alcune matite.
Le tre donne si guardano e sorridono. Sono amiche, le loro vite si sono intrecciate solo apparentemente per caso molti anni prima e qualcosa di forte e inevitabile le ha portate a ritrovarsi lì, insieme, nella notte del solstizio.
Diverse per età, aspetto e provenienza, hanno in comune il colore rosso dei capelli e quel filo invisibile e tenace che le lega.
Uno sguardo di intesa corre sui loro visi. È ora, si dicono l’un l’altra.
Mormorando formule antiche, ognuna di loro prende a tracciare segni e lettere sulla superficie delle uova, facendo molta attenzione a non intaccarne il guscio.
La stanza è satura dei fumi di incenso, le fiammelle danzano al movimento delle mani.
Ad una ad una, ognuna delle tre donne scriverà su quella superficie liscia e compatta la propria formula e il proprio desiderio segreto.
Nessuna di loro svelerà alle altre l’oggetto del rito, ma ognuna sa che ad accomunare i loro desideri è la conquista del cuore di un uomo.
Le dita corrono veloci, i gusci vengono ricoperti di scritte, le labbra ripetono febbrili formule vecchie di secoli.
Sempre in silenzio, le uova vengono purificate al fumo dell’incenso.
Hai portato la carta? chiede la più giovane alla più anziana.
Sapete cosa dovete fare, dice la più anziana distribuendo candidi fogli bianchi: dovete scrivere con minuzia e precisione quali sono i vostri desideri più forti e violenti. Fate sempre molta attenzione a quel che chiedete.
Le tre donne scrivono in religioso silenzio e la loro concentrazione ha qualcosa di mistico e ultraterreno.
Finito di scrivere, i fogli vengono ripiegati in quattro affinché nulla di quanto vi sia scritto possa essere letto dalle altre. Violarne il segreto, lo sanno, annullerebbe l’incantesimo.
La sacerdotessa anziana si alza, esce dalla stanza e vi rientra dopo una manciata di minuti portando con sé una piccola pentola di rame e un mazzo di erbe aromatiche: salvia, menta e rosmarino, che distribuisce alle amiche.
La pentola è posta al centro del tavolo: le tre donne vi spezzano dentro i rami di rosmarino, le foglie di menta e quelle di salvia, infine le loro lettere.
Che il fuoco divori ogni cosa, mormora la sacerdotessa anziana gettando cinque fiammiferi accesi nella pentola.
Facendo molta attenzione alle fiamme, la pentola viene posta a terra perché ognuna di loro possa compiervi sopra un salto.
Adesso il rito dell’acqua, ordina la sacerdotessa anziana.
Una dopo l’altra, tre bottiglie di vetro trasparente vengono riempite con acqua raccolta da cinque fonti differenti.
Altre tre uova vengono poste sul tavolo: gli albumi vengono separati dai tuorli e fatti colare dentro le bottiglie.
Rimarranno esposte alla luce della luna per tutta la notte e la forma che avranno assunto il mattino dopo dirà loro molte cose sul futuro che dovranno affrontare.
Infine, in lenta e silenziosa processione, le tre donne escono all’aperto: la notte è tiepida e tenera, famigliare, accogliente.
Con le mani, le tre donne scavano il terriccio soffice e, ad una ad una, seppelliscono le uova con il loro desiderio segreto che danza sulla superficie tonda e intatta.
Uno sguardo di benevola intesa: ora tocca solo aspettare.

Dieci anni dopo.

Una puzza fetida per almeno due settimane. Roba che a quell’accidente di vaso non ti potevi nemmeno avvicinare.
– Capirai: l’estate più calda del decennio…
– E i vicini convinti che da qualche parte ci fosse qualche carogna che imputridiva.. Dannate uova marce…


Le stesse tre donne siedono al tavolo del ristorante indiano attorno al quale festeggiano il compleanno di una di loro: hanno ancora i capelli rossi, qualche ruga in più qualche illusione in meno.

E gli albumi nelle bottiglie? Il mio pareva un groviglio.
– Il mio è finito sul pavimento del terrazzo.
– Per forza, hai un gatto scemo!
– Beh, a voler guardare, il rito, in fondo, ha quasi funzionato.
– Dopo ANNI. E ribadisco: ANNI. Il mio desiderio si è avverato dopo tre anni.
– Il mio dopo cinque.
– Il mio mai.

Ma per fortuna. Ugoberto era un tale coglione.
– Ero innamorata.
– Di un coglione!
– Forse sarebbe stato opportuno indicare una data.
– Di scadenza?
– Vabbeh, una data entro e non oltre la quale…
– Appunto: una data di scadenza.
– E sì: da verificarsi entro!

Se avessimo indicato con chiarezza la tempistica…
– Se tu avessi raccolto acqua di fonte e non avessi portata la Fiuggi del supermercato…
– Sofistica!
– Voi dite che…
– Io dico di sì.
– Ma dai, non siamo ridicole.
– Io sono convinta che avrebbe funzionato!
– Ma dai…




Ragazze, il prossimo 21 giugno cade di domenica: che dite? Si riprova?
– Andata!
– Per me va bene! Segna sull’agenda: 21 giugno, serata impegnata. E questa volta le uova e l’acqua le porto io.

©Viviana Gabrini, 2015 (tratto da I fili di Arianna, Primula Editore)
©Foto Pixabay

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