SETTE/16
Un’opera è opera anche senza lettori. Possiamo sviscerarla, sezionarla chirurgicamente da un punto di vista scientifico, ma resterà sempre lì. E noi non potremo far altro che goderne.
Ci ciberemo come al banchetto dello scrittore simposiarca seguendo le sue direttive ad litteram. Da ciò non otteremo la risoluzione a problemi o la vita eterna. Questo non è dato per possibile a nessun dio, in quanto inesistente e nullatenente. Neanche alla luce della più sacrale reliquia, perché alla fine sono solo punti di vista…, ma per chi bene non ci vede.
La salvezza non è nella scrittura. Gli scrittori non salvano, non usano un linguaggio salvifico. Il lettore deve peccare di presunzione. Deve cioè operare le sue scelte non condizionate da dogmi, credenze bislacche, o scritture fantastiche.
Un libro, insomma, non renderà migliori, ma Voi con le vostre percezioni potete scegliere arbitrariamente cosa fare di voi stessi.
Quando si capirà che si è propriamente “inferiori”, solo allora si potrà godere di una letteratura sana.
Busi è l’unico scrittore che ha portato il romanzo italiano nella letteratura europeista. La grande letteratura, quella immarcescibile. Nel nostro Paese esistono le stagioni editoriali e il lettore si prodiga alla ricerca del libretto che meglio sazierà la propria fame ad libitum. Un libro che avrà il sapore di melone e l’acidità di un succo gastrico, che meglio consumerà il dissennato dall’interno.
Dichiaro, quindi: Buona e sprovveduta lettura a tutti!
© Raffaele Rutigliano, 2014