Quando provavo a capire. Quando credevo d’aver capito. Ciò che raccontavo era ciò che vivevo. Riscrivendo le pagine mancanti mi ero messo al servizio della memoria. Adesso dovevo sopportare la
vittoria. Sopportare l’arte di non vedere. Dovevo ricominciare a salire. Ma quando avevo smesso? Dai vita a te stesso – mi dicevano – non appena sei conscio dell’istante in cui vivi. Ma io quell’istante lo vedevo, non lo vivevo. Prova allora – mi consigliavano – a raccontare i dolori. Ma questo non è vero dolore, replicavo: è pensiero. Poesia privata. Di tenebre bisogno disperato. Nel mio immaginario destino, coinvolgevo la creazione nell’attesa.
©Davide Marchetta