«Viola.»
«Viola?»
«Li voglio viola.»
La parrucchiera, novella strega, apre il librone delle formule magiche e picchietta col dito contro un ciuffo di capelli finti bordeaux.
«No, questo è bordeaux. Io voglio questo» e a mia volta picchietto contro un ciuffo inequivocabilmente viola.
Lei annuisce. Apre tubetti, spreme, mescola, trita, impasta, sminuzza, posa, lava, asciuga.
Ammiriamo il risultato. Lei sorride. Il colore è bello ma non è viola. È bordeaux. Sospiro.
Non c’è niente da fare, passati i 50 anni, dal rosso menopausa non si esce vive.
Io so. Io conosco con precisione millimetrica l’istante in cui ho varcato la soglia della menopausa imboccando un tunnel senza ritorno. E, giuro, non c’entra nulla con gli ormoni, le caldane e il ciclo mestruale.
La menopausa è uno stato dell’anima.
Padania, settembre 2015, ore 2 del mattino circa: io e la Tatty siamo al telefono e ci stiamo confidando i reciproci valori.
Colesterolo LDL, colesterolo HDL, transaminasi, trigliceridi, glicemia, pressione. Una caporetto.
A un certo punto interrompo la liturgia ospedaliera con un: «Tatty, ti rendi conto che una volta, alle 2 del mattino, ci saremmo ritrovate a parlare di amanti e trombate celesti e ora siamo al delirio ipocondriaco?».
Tombale risposta: «Non abbiamo più l’età».
Maledizione, aveva ragione.
Credetemi: che siete in menopausa non ve lo dicono l’assenza di ciclo o il conteggio ormonale o la vostra ginecologa.
Che avete varcato il Rubicone ve lo dice la spesa in farmacia, quando le statine prendono, subdole, il posto dei preservativi, ve lo dicono i calzettoni di lana al posto delle autoreggenti e un cassetto pieno di maglie della salute laddove un tempo fiorivano dildi e paperelle vibranti.
Ve lo dicono le cene a basso contenuto di grassi saturi invece che di mojito, ve lo dice la trepidazione con cui una volta aspettavate un messaggio o una telefonata da parte di un ometto e oggi aspettate la nuova stagione di Masterchef.
Ci siamo: les jeux sont faits, un attimo prima eri una sgallettata saltamaterassi, un secondo dopo ti ritrovi nonna Abelarda con l’artrosi alle ginocchia.
Non ci credete? Allora vi racconto questa.
Ieri sera eravamo tutte a cena al giappo-cino-giamaico-palestinese: pollaio al completo e in grande spolvero.
Argomento della serata: noie dovute alla stipsi, erbe svizzere miracolose, folate di malinconica colite, echi di sfoghi emorroidali.
A un certo punto me ne sono uscita con un: «Scusate signore, non potremmo parlare di cazzi?».
Ça va sans dire, la mia esortazione è stata ignorata e io tacciata di beceraggine. Parlare di piselli è out, disquisire di turbe intestinali è in. Non avendo problemi degni di nota, lo confesso, mi sento sempre ai margini, una paria, senza particolari esperienze da raccontare e da condividere. Un po’ come essere alla sagra della salamella e confessarsi vegetariani. E così mi sono azzittita, mentre le osservavo disquisire con competenza e fervore.
E mi è venuto il magone: sembra ieri che avevamo 20, 30 anni, che i problemi erano stare al passo con gli esami dell’università e cercare un lavoro, le prime vacanze col fidanzato, l’uscita dalla casa genitoriale, i rimedi post sbronze epocali.
Davvero siamo noi questo branco di signore di mezza età, fresche di tinta, col tacco 5 perché di più son dolori di schiena, con il mento che guarda un po’ troppo verso il basso e le rughe che chiamarle di espressione è mera gentilezza?
E mentre pensavo queste cose, le ho amate. Tutte quante. E ho sospirato forte, per evitare che la lacrimuccia scendesse a benedire il sushi.
«Che c’è?» ha chiesto sollecita la St. Mary.
«Avete visto che carino il cameriere nuovo?» ho risposto io sviando l’attenzione su argomenti meno emotivi.
E tutte e cinque, all’unisono, hanno messo mano alla borsetta, togliendo gli occhiali da presbite per sostituirli con quelli da miope.
©Viviana Gabrini, 2020
Quando vuoi parlare di cazzi, sono disponibile…. Così, per dire…. (ho 58 anni, in menopausa da sette… ma desiderio sempre vivo…accidenti!!) ?