Regalatemi un dolore,
vi imploro,
ma non un disamore.
Mettete cocci nelle mie scarpe,
ma non la colla dell’usura.
Lasciate che infierisca l’estate
a bruciare la mia pelle,
ma non sbiadite i lineamenti
della gioia sperimentata
dentro la storia dei giorni
che rammendo.
C’è un cumulo
di oggetti smarriti
che nascondo a me stessa,
una sciarpa dimenticata
su una sedia,
assieme ad un tremito improvviso,
una panca divisa in gruppo
al centro di una piazza sconosciuta,
un coro improvvisato
attorno ad una brace che si affatica
a vincere il vento contrario.
Posso reggere la morte,
ora lo so,
ma mi squarta il disincanto,
l’orizzonte e il suo infinito
che si costringono
d’un tratto
dentro una brutta cornice.
Un rubinetto
che perde
molecole sparute nella notte
mi asseta più
di una falda prosciugata da sempre.
©Eleonora Scrivo