«Ti amo» gli disse lei con le guance arrossate e un’aria estatica di altri tempi negli occhi.
«Ti amo» ripeté convinta «e ti porterò con me, ogni giorno, sul tram che sobbalza sulle pietre curve e antiche, nel cuore di questa triste città. Le giornate in ufficio mi sembreranno meno lunghe e affannose perché tu sarai con me e non avrò paura, la sera, quando ad accogliermi in casa ci sarà solo il cigolio lamentoso di un portone.
Il buio e la notte non mi spaventeranno perché tu sarai con me, vigile e accudente custode.
Sarai con me nelle lunghe passeggiate marine, con il vento rabbioso che soffia da est e si intrufola tiranno fra le ossa e le fa scricchiolare.
Sarai con me fra i banchi di un antico mercato rionale, fra sporte di massaie e voci di ambulanti.
E sarai con me nel buio di quella vecchia sala da cinema, così retro, così improbabile, con i sedili in legno a ribalta e il sipario che odora di muffa.
Ti porterò con me nella sala da thè russa che scoprimmo un pomeriggio insieme vagando per le strade del ghetto e un po’ di te salirà al mio fianco sull’Electrico 28, alla ricera di Pessoa e dei suoi eteronimi. Sarai sempre con me, amor mio.» sussurrò di nuovo, fermandosi ad ammirare soddisfatta il suo lavoro.
Un ciuffo biondo e sottile le scese sulla fronte imperlata di sudore e lei lo scostò con la mano guantata.
Si drizzò sulla schiena, indolenzita dalle molte ore di sforzo.
«Bel lavoro.» mormorò a mezza voce.
Sorrise e si complimentò con se stessa per la minuzia e la precisione con cui aveva ridotto il suo corpo, il suo amato, adorato, virile corpo, in tanti pratici pezzettini prêt-à-porter.
©Viviana Gabrini, 2015 (tratto da I fili di Arianna, Primula Editore)
© Foto Viviana Gabrini