TEARDROP
(Ti ho voluto bene)
Ti ho voluto bene una volta sola. E ho sbagliato.
Di sicuro mi è finita una lacrima nel fuoco. Mi ha dannato, senza che lo volessi.
Di sicuro. Perché ti ho voluto bene, quella volta lì soltanto.
Te l’ho detto spesso. Che non ti volevo. Che stavo meglio prima che nascessi. Prima che tua madre morisse.
Non ti ho mai detto Ti voglio bene.
Ti ho cresciuta a pane e sale, e a te è sempre andato bene così.
Mai una volta mi avessi chiesto una caramella, o una bambola.
Sempre lì, fissa a guardarmi con quegli occhi neri che sbocciano a ogni parola, con il moccio al naso e la fuliggine spalmata sulle gote.
Poi è successo che ti ho voluto bene, perché ti ho vista dormire, con le mani strette a preghiera, e mi sei sembrata una piccola madonna. Di sicuro mi è finita una lacrima nel fuoco. Mi ha dannato senza darmi nulla in cambio. Mi ha dannato. Di sicuro.
Ti ho voluto bene soltanto quella volta. E ho sbagliato.
Perché Moreno si è accorto subito di quanta roba gli mancava e io sono stato un coglione, visto che poi me la sono pure fatta rubare.
Così corriamo. Sento te che mi dici Stiamo inciampando, papà, stiamo inciampando, mi fanno male le gambe. Ma non mi fermo.
Perché il Greco e Giannetto in fondo alla via li ho visti scendere dal macchinone. Uno dei due ha sparato. Mirava alle gambe, ma ha sbagliato mira.
Chissà cosa pensavo di fare. Vendere la loro droga per comprarti un futuro?
La verità è che mi brucia tutto, all’altezza del rene, a metà dello stomaco, dietro la schiena.
Faccio in tempo solo a prenderti per mano e a fuggire via, a piedi, tra le macchine.
Pensa che sciocco. Salgo su quest’autobus, che m’è sembrato l’unico rifugio disponibile.
Ma gli altri sono dietro, ci seguono e non si lasceranno seminare.
Lo so che quando ci prenderanno ci porteranno al vecchio casolare. E poi useranno i coltelli. Mi strapperanno la pelle di dosso, per farmi dire dove l’ho messa. E quando dirò loro che me l’hanno rubata, inizieranno a strapparla anche a te, perché non mi crederanno.
Dirò loro che non ti voglio bene, che non serve farti del male. Ma a loro non importerà.
Proverò a versare tutte le mie lacrime nel fuoco, per stringere un patto con la sorte, per farci morire presto, ma no, non servirà.
L’autobus rallenta, ti spingo verso l’uscita, in attesa della fermata. Tu mi guardi e non dici niente. Ti dico che non ti ho mai voluto bene e che stavolta basta così. Che devi scendere e andartene via.
La porta si apre, ti tiro un calcio. Caschi di sotto, faccia a terra. Non piangi, non ti lamenti. Di sicuro ce le hai buttate pure tu, le lacrime nel fuoco. Di sicuro.
Le persone che assistono non dicono niente. Sono troppo zuppo di sangue per essere una brava persona, loro lo sanno. Non sai quanto le odio, mentre le porte si richiudono coprendo il tuo volto.
Così il mezzo riparte. Ti guardo dal finestrino e mi dico che sarebbe bello vederti da grande.
Mi accascio sul sedile. Volto lo sguardo verso la città che scorre. Qualcuno, con un pennarello nero, ha scritto sul finestrino “Love is a doing word”. Non so cosa significhi.
So solo che queste mie lacrime bruciano. Starebbero bene nel fuoco.
Invece se ne stanno qui, senza paura, nel mio respiro che si rompe.
© Alessandro Morbidelli, 2016