
La Storia ruota intorno a delle costanti che non permettono all’umanità quel salto evolutivo che
consentirebbe a tutti una vita più serena. La prima è certamente il desiderio di conquista dei
governi, che in ogni epoca e ancora oggi uccidono senza pietà alcuna. La seconda è il fanatismo
religioso: esistono migliaia di religioni e tutte sono detentrici di verità e l’affermazione di questa
ancora oggi divide e insanguina nazioni. La terza è quella che ci farà entrare nella tematica
dell’album ovvero l’ineluttabilità delle leggi naturali che mettono ogni uomo sullo stesso piano.
È probabilmente la consapevolezza della brevità della vita umana, l’incertezza del futuro, i problemi
legati alla salute propri o dei propri cari che hanno generato quella spiritualità che muove genti
verso i luoghi di culto e i pellegrinaggi ne rappresentano il fenomeno più evidente. Fenomeno che
attraversa i millenni e le religioni senza mai perdere quel carico di speranza e di fede. Il cammino di
Santiago tra i pellegrinaggi cristiani è quello che ha più fascino e quello che rivela indirettamente il
senso della vita.
Un cammino lunghissimo da fare a piedi dove nella solitudine si ritrova il tempo di
meditare e riflettere sulla propria esistenza e nella difficoltà e nella sofferenza si può riscoprire la
solidarietà. Parris Hyde e Mark Stone accompagnati dal batterista Georg Ghizzy ci
accompagnano in un viaggio ideale lungo questo cammino. On the road to Santiago, questo il
titolo, si muove trasversalmente lungo i secoli regalandoci immagini e personaggi e lungo i generi
musicali che hanno sì una matrice hard rock e heavy metal ma che si contamina con altri generi:
l’epic metal, il doom, il prog e non ultime con sonorità prettamente spagnoleggianti. I testi sono in
inglese e in latino, che rafforza il sapore epico del concept e rivelano gli atavici tormenti dell’animo
umano. Il cammino che il duo ci propone si snoda lungo dodici brani e inizia in modo solenne con
1075 A.D., anno in cui si avviano i lavori per la costruzione della cattedrale che dovrà ospitare i
resti di San Giacomo. La figura storica a cui viene dedicato un intero brano è Isabella d’Aragona
(Isabel a rainha santa), che dopo la morte del marito si recò alla Cattedrale per lasciarvi la sua
corona e ritirarsi al convento delle clarisse di Coimbra. To the Cathedral, ovvero l’arrivo alla
cattedrale, brano che si caratterizza per il suo folk spagnoleggiante, non rappresenta la fine del
viaggio ma la penultima tappa prima di arrivare a Finisterre, ovvero il posto dove il mondo, almeno
quello medievale, finiva. È lì che il pellegrino compie gli ultimi simbolici atti del suo
pellegrinaggio: si bagna nell’oceano, brucia un indumento usato durante il cammino e raccoglie una
conchiglia. Ed è lì che si rivela anche il messaggio più profondo del cammino: per quanto ci si
affanni durante la nostra parabola umana la fine è per tutti sempre la stessa. È il momento in cui il
pellegrino viene posto davanti a una scelta: cambiare la propria prospettiva di vita o tornare ad
essere fagocitato dalla quotidianità. Con The end of the world (Finisterre), brano non casualmente
strumentale, si chiude On the road to Santiago, un viaggio intimo e intimista che ruota sulle contraddizioni di un vivere perennemente diviso tra materialità e spiritualità. Un cambiamento ci
può essere? A livello personale sicuramente sì ma è necessario avere il proprio Day of Redemption.
©Fortunato Mannino
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