FIL-ROUGE
Da fuori arriva un brusio, come di sciame incollerito.
Fra un poco si calmerà, lento, e ci smarriremo dentro a un buio equanime.
Noi, con il cuore che pulsa rapido.
Il respiro corto.
L’adrenalina che fa tremare le mani, tese.
La lingua che arriccia una silenziosa litania, incessante.
Parole che, generate nell’azoto liquido del nostro pensiero, si sciolgono al contatto con il calore delle labbra.
Noi, al chiuso di questa cella asfittica, tratteniamo singulti e soffochiamo imprecazioni; siamo complici ed estranee, allo stesso tempo. Irrequiete, sulla stessa linea: unite, ancora per un poco.
In questo esatto istante, fuori di qui, giugno ruba l’aria alla sera e la traveste da sposa: calda e carica di promesse.
Ad aprile, invece, pioveva.
Quella sera il Traghettatore ci fissò, una ad una, e ci chiese se fossimo sicure di voler intraprendere quel viaggio.
Per risposta posammo sul legno il nostro contributo di sangue e passione senza aggiungere altra parola che non fosse: «Sì».
Partimmo di lunedì, con indosso gli abiti di sempre.
I gesti e le parole li raccogliemmo per strada, giorno dopo giorno. Porto dopo porto.
Personalità contrastanti, fummo un quadrilatero sbilenco tenuto insieme da un sottile filo rosso che affondava le radici più nel mito che nella storia degli uomini.
Partimmo da donne: combattenti per definizione ma senza ostentare colori di guerra.
Affrontammo notti di calma piatta e mettemmo a nudo i nostri pensieri più profondi, sedute a cavalcioni di una sedia sgangherata, sorseggiando della birra.
Attraversammo delle notti di tempeste, di emozioni e di parole.
In principio fummo solo donne, il viaggio ci fece sorelle: figlie di madri diverse, generate da un unico padre, la prole femminea di un Cieco che, a parole, tratteggiò per noi un destino stolido da dee, maghe e regine, condannandoci a ripetere gli stessi gesti per l’eternità.
Armate soltanto di testardaggine e pazienza, una per una, scavalcammo dittonghi, ci nascondemmo al buio di caporali basse e, dopo aver percorso periodi interminabili, ci riposammo all’ombra di punti fermi. Infine, stracciammo trama e ordito per scappare, in silenzio e a testa bassa.
Così, fummo libere.
Fra poco il brusio là fuori calerà.
Quando i vostri occhi si saranno abituati a questo buio palpitante, zeppo di ombre che respirano, allora bagliori di stelle e luci di candele squarceranno il velo e illumineranno l’inedito sabba di Penelope, di Calipso, di Anticlea e di Nausicaa fuggite dall’immobilità per raccontare una nuova odissea, con parole di donna.
©Maria Elena Poggi, 2018