La macchina corre veloce verso la montagna. Lei allunga una mano e stringe la sua. La guarda: è grande, larga, calda, rassicurante. Le vene in rilievo formano un reticolo verde scuro che si intravede sotto pelle; ha sempre amato le sue mani. Le ha viste trasformarsi negli ultimi quarant’anni. Un tempo erano agili e nervose: sui polpastrelli i calli lasciati dalle corde della chitarra, che lui suonava benissimo. Le unghie rosicchiate raccontavano dell’ansia nascosta; della voglia di crescere; della paura di non essere abbastanza. Eppure era così ricercato, così popolare tra le ragazze della sua compagnia, stregate dai suoi occhi scuri, dai ricci ribelli, dalla voce che si faceva roca quando intonava una canzone, arrotando le erre e socchiudendo le palpebre. Rapito da un mondo di cui lei da subito aveva desiderato di fare parte.
Mani che con gli anni si sono irrobustite; la punta arrotondata delle dita ora salta con leggerezza sulla tastiera imbastendo ogni volta traiettorie differenti, le stesse delle storie che racconta sul giornale e nei suoi libri. Le sue mani hanno accarezzato i loro figli neonati, accompagnato i loro primi passi, firmato i loro diari, tirato il freno a mano nelle loro prime guide. A volte hanno minacciato, ma mai picchiato. Mai.
Le dita sono ancora intrecciate sul cambio e lei scorge alcuni peli bianchi. Eppure le mani sono sempre quelle: ripensa a quando l’hanno sfiorata per la prima volta, ai fremiti che sono capaci di provocare. Sono mani che non temono il lavoro; che sanno sporcarsi; che aiutano in casa e puliscono; che si tendono verso gli altri con generosità oggi ormai inusuale.
La strada si arrampica sempre più in alto e la macchina corre veloce verso la loro baita, frutto del lavoro di altre mani oltre alle loro. Quando è il momento di aprire la porta del loro sogno la mano di lui poggia delicatamente sulla sua; si stringono forte: forse il loro segreto è proprio questo dare e avere collettivo e gratuito che ha animato le loro vite. Ieri. Oggi. E domani.
Letto da Viviana Gabrini
©Maddalena Filippi, 2019