Quando mamma ha chiuso la porta mi sembrava proprio buio buio, dovevo stare ferma per non sbattere contro le cose e non rompere niente e farmi male. Poi, piano piano gli occhi si abituano e incomincio a vederci almeno un po’. La striscia di luce che passa da sotto la porta illumina, almeno un pochino, soprattutto se fuori è ancora chiaro. Perché lo sgabuzzino è in fondo al corridoio, proprio di fronte alla porta del soggiorno dove c’è la finestra grande. E se è giorno e magari c’è il sole, un po’ di luce qui ci arriva. Adesso però è già quasi sera e in più è inverno, di luce ce n’è proprio poca, ma tanto io lo so com’è, qui.
Appena dentro, a destra – so che è la destra perché è la mano del segno della croce – c’è la vecchia macchina da cucire di nonna, che quando è morta, mamma non ha voluto dare via, però lei non è capace a usarla e così è finita qui. È di legno, tutta liscia e lucida, se ci passi sopra le dita scivola che è una meraviglia. Io dentro l’ho vista una volta sola, ma mi ricordo che ci sono tanti cassettini. Peccato che mamma non la sa usare. Poi c’è lo scaffale di ferro con tutti i buchi, con i ripiani pieni di scatole con le cose che non si usano più. C’è il vecchio ferro da stiro, il phon rotto con un sacchetto di plastica pieno di bigodini, il lampadario vecchio con le gocce di vetro che quando scuoti un pochino brillano, anche se è buio. E poi in fondo ci sono le scope e lo spazzolone appesi al muro, proprio sopra l’aspirapolvere.
L’aspirapolvere non mi piace, perché fa un rumore fortissimo e mi fa male alle orecchie. E poi, una volta, passando in camera mia per fare le pulizie, per sbaglio mi ha preso l’anellino che avevo trovato nell’uovo di Pasqua. Mamma non ha voluto aprirlo per riprendermelo, che era complicato da aprire e tutto sporco e così l’ho perso. Ho anche pianto un po’, ma non tanto. Non era un anello importante, come quello vero col brillante che aveva mamma, però mi piaceva. Poi anche mamma il suo non ce l’ha più, ha dovuto portarlo al compro-oro perché se no non avevamo i soldi per pagare l’affitto. Lei ha detto che non importava, ma io l’ho vista, che piangeva di nascosto. Gliel’aveva regalato papà, quand’era giovane e io non c’ero ancora. Adesso è vecchia, ha quasi trent’anni. Però quando deve uscire per cercare lavoro, che si trucca tutta e si mette il vestito blu corto che le sta così bene, sembra più giovane.
Quando gliel’ho detto, mi ha guardato strano e ha detto anche troppo, mi sta anche troppo bene, che non ho capito cosa voleva dire. È stata la volta che era appena tornata da una cosa che si chiama colloquio. Era uscita tutta agitata, prima era stata davanti allo specchio un sacco per truccarsi gli occhi e la faccia, mi aveva detto speriamo che sia la volta buona.
Invece quando è tornata aveva la faccia triste, però anche arrabbiata. Si è strappata di dosso il vestito, ha buttato in un angolo le scarpe coi tacchi, che è una cosa che non fa mai e ha detto una cosa tipo maiale, ma non ho capito bene. Però non era arrabbiata con me, perché quando le sono andata vicino sul letto, si è tolta le mani dalla faccia e mi ha abbracciata stretta, che mi ha fatto anche un po’ male. E mi ha detto mamma ti vuole tanto bene, ma io lo sapevo già. Anch’io le voglio tanto bene, però quello che non mi piace è che quando esce mi chiude qui, nello sgabuzzino.
Una volta lo faceva solo quando c’erano i tuoni e i lampi, perché diceva che qui era un posto sicuro. Così lo chiamiamo lo sgabuzzino dei tuoni, per ridere. Adesso però lo fa tutte le volte che esce e la porta la chiude a chiave, così non posso proprio uscire, neanche se mi scappa la pipì. Però prima di mettermi qui, me la fa fare sempre, per sicurezza. E poi arriva presto, così non mi scappa.
Oggi però è diverso, perché mi ha detto fai attenzione, è una cosa importante: stavolta quando torno non vengo subito ad aprirti. Mi ha detto quando torno vengo con un signore che forse mi dà un lavoro, quindi quando mi senti entrare non chiamarmi e non fare rumore. Mi è sembrata una cosa strana, ma ho detto va bene. Quando le ho chiesto, ma è uno scherzo a quel signore, mi ha guardato con una faccia buffa, che sembrava che mi guardava e non mi vedeva. E poi ha detto sì, trappolina, è una specie di scherzo, non facciamogli capire che tu sei qui. Poi mi ha stretto forte e ha fatto un verso come quando è raffreddata, ed è andata di corsa in bagno perché le colava il naso, ha detto. Mi piace, quando mi chiama trappolina come quando ero piccola. Ma poi mi ha chiuso qui, è uscita subito e non ho fatto in tempo a dirglielo.
Solo che poi è passato un sacco di tempo, lei non tornava e a un certo punto mi scappava proprio.
Per fortuna sullo scaffale ho trovato il vasino che usavo quando ero piccola, così ho potuto farla lì. Perché di solito mamma non sta fuori così tanto tempo, invece stavolta sì. L’orologio non ce l’ho e neanche il cellulare perché sono troppo piccola, ma l’ho capito perché la luce che viene da sotto la porta prima era bella forte, si poteva vedere abbastanza bene, dopo che gli occhi si erano abituati, ma adesso c’è solo una strisciolina pallida che non si vede quasi più. E poi adesso ho anche fame. Prima di uscire mamma mi ha dato la solita tazza di latte, ma solo con il pane vecchio, perché i biscotti costano cari. Quando c’era ancora papà mi dava anche la Nutella, poi era troppo cara e non la compriamo più.
Avevo anche sete, ma per fortuna sul piano più basso dello scaffale di ferro ho trovato una bottiglia. Era scivolata in fondo e tutta piena di polvere, però era nuova e piena. Ho fatto tanta fatica ad aprirla, il tappo era duro duro. All’inizio mi sono scoraggiata, l’ho buttata in un angolo e ho anche pianto un pochino, ma poco. Ma poi avevo tanta sete, così ho provato e provato, anche con i denti, e alla fine l’ho incastrata contro l’angolo dello scaffale di ferro e ci sono riuscita. La sorpresa è stata che era acqua che pizzica, che quando si è aperta mi ha spruzzata tutta in faccia e anche sul davanti della maglietta. Ma è già quasi asciugata. Mi piace tanto, l’acqua che pizzica, mi sembra che toglie di più la sete. Così ne ho bevuta un bel po’ e poi ho fatto attenzione a chiudere bene il tappo. La fame adesso non la sento più tanto, si vede che l’acqua un pochino mi ha riempita.
Avevo appena finito di bere, che ho sentito la porta di casa che si apriva e delle voci, quella di mamma e quella di un uomo. Subito volevo chiamarla e dirle di farmi uscire, ma poi mi sono ricordata e sono stata ferma e tranquilla, per non farmi sentire.
Mamma aveva i tacchi, la sentivo andare su e giù per la casa. Parlava con una voce strana, come quando le racconto qualcosa che mi sembra buffa e lei ride, ma si capisce che ride per finta. Lui invece lo sentivo male, aveva una voce bassa e parlava poco. Sono andati in cucina, perché ho sentito sbattere la porta del frigo, che è vecchio e se non la sbatti non chiude bene e poi il latte va a male. Dopo sono andati in camera da letto di mamma, perché ho sentito il lettone che cigolava, come quando ci facevo i salti da piccola. Forse facevano i salti anche loro. A un certo punto ho sentito dei versi strani, prima piano e poi più forte. Sembrava la voce di mamma, ma non sembrava proprio la sua. E poi quella di lui, che ha fatto tipo un ringhio, di quelli che fanno i cani quando sono arrabbiati, ma più forte. E una specie di urlo, con un rumore forte, come di qualcosa che sbatte contro il muro. E lì mi sono spaventata, ho aperto la bocca e stavo proprio per gridare mamma mamma, ma mi sono fermata in tempo, perché mi sono ricordata. Che se quel signore scopriva che ero lì magari si arrabbiava e non le dava più il lavoro.
Poi c’è stato silenzio.
Allora mi sono rannicchiata con la schiena contro la macchina da cucire, ho tenuto le orecchie ben aperte e ho fatto attenzione, ma non ho più sentito parlare, nessuno dei due. E neanche dei rumori.
Dopo un po’, ho sentito la porta di casa che sbatteva e mi è sembrato strano, che mamma non è venuta a dirmi che esce di nuovo e quando torna.
È che adesso non so più cosa fare. Ho trovato un pacco di vecchie riviste, di quelle per le signore, che una volta mamma leggeva, con tutti quei vestiti eleganti e le creme e i profumi. Se ci fosse la luce almeno potrei guardare le figure, invece così no.
Sul secondo ripiano dello scaffale ho trovato la tenda vecchia del balcone, quella verde che si è strappata quando c’è stata la tempesta di vento, che io non l’ho sentita perché mamma mi aveva chiuso qui, ma i tuoni però li sentivo. Erano forti forti e facevano paura. Ce n’è stato uno fortissimo, che ha fatto anche tremare la porta, ma per fortuna mamma è arrivata dopo poco e mi ha abbracciata stretta stretta.
Adesso invece mi fa aspettare davvero tanto. Però almeno non ci sono i tuoni. Devo avere pazienza, che ormai sono una bambina grande, l’acqua ce l’ho e di fame non ne ho proprio tanta tanta. Adesso allargo bene la tenda, mi stendo sopra, metto le riviste sotto la testa come un cuscino e aspetto che mamma torni.
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