Leggo per legittima difesa
(attribuita a Woody Allen)
IL SALTO DELLA RANA
(Fernandel Editore)
Il salto della rana” (Fernandel editore) di Paola Rondini è un libro spiazzante. L’avevo già apprezzata molto in Miniature (Fanucci editore) e anche nei Fiori di Hong Kong (sempre Fanucci) per la scrittura limpida e controllata che veicola il lettore in storie in cui l’intreccio si infittisce a ogni pagina e la personalità dei personaggi si evolve con naturalezza, senza forzature.
In quest’ultima prova l’autrice ci regala una storia difficile da classificare in un genere, particolare che, per me, con il rispetto per tutti i generi letterari, è un valore aggiunto, per trascinarci in una storia fatta di ambiguità e dolore, visioni e bellezza.
È un libro in cui ogni personaggio – la madre Rita, la protagonista Emma, il padre Saverio, Ulivieri, Nikandros e gli altri – hanno uno spazio ben delineato nel quale si muovono come se fossero cristallizzati nei loro ruoli, per poi scoprire, leggendo, che niente è come appare, come spesso capita non solo in letteratura, ma nella vita.
Protagonisti sono altri due elementi: il Cubo – una costruzione misteriosa e affascinante dove, come dice uno dei personaggi si “creano sogni”, e che dovrebbe trattare progetti d’alta moda – e il deserto dell’Arizzona dove il Cubo ha la sua ubicazione.
Il rapporto tra Rita, questa madre “statua” in un senso che non è solo metaforico ma di sostanza e la figlia, è enigmatico e inclassificabile. Una madre che abbandona e salva, ama ma solo a distanza siderale. E una figlia, Emma, la protagonista, in cerca non solo di amore ma determinata a svelare un mistero profondo e irrisolvibile.
Alternando la voce dell’io narrante a una terza persona più onniveggente, Paola Rondini tende al lettore una fune sottile invitandolo a percorrerlo. O a saltare, come solo i coraggiosi e le rane possono fare, in una mossa di pura bellezza salvifica.
© Barbara Garlaschelli