“OGNI GUERRA È UNA GUERRA CIVILE, OGNI CADUTO SOMIGLIA A CHI RESTA, E GLIENE CHIEDE RAGIONE.”
Questa frase è tratta dal romanzo di Cesare Pavese “ La casa in collina”. Racconta la storia di Corrado, insegnante in un liceo torinese rifugiatosi nella collina dell’Oltrepò durante l’inasprirsi della guerra. Qui ritrova una donna lasciata anni prima, Cate, che in qualche modo lo ricondurrà a essere parte di una realtà da cui Corrado cerca di separarsi. Perché Pavese ci dice che ogni guerra è una guerra civile e chi cade somiglia a chi resta? Forse perché quando la vita ci abbandona si porta via credenze, convinzioni, gusti, attitudini e tutto ciò che in noi si è andato formando nel corso degli anni. La morte rade al suolo ogni costruzione cominciata con il primo respiro, ci riporta alla condizione di persone nate e basta. Ricorda la somiglianza innegabile che accomuna tutti : siamo i venuti al mondo, tutti vivi per la stessa aria che ci gira dentro, la stessa terra che ci regge i piedi. Ecco allora che il caduto, pure se nemico, diventa qualcuno. Il qualcuno anche lui nato, il venuto al mondo come tutti gli altri, colui che conosce la nostra stessa aria, la nostra stessa terra. Non più lontano ma vicino, vicinissimo a chi vive, più che mai fratello di chi resta. Ed è così che, davanti alla fine riscopriamo il punto di partenza. E’ la morte, a dirci: Appartenete tutti a quell’unico, grande, primo e umano respiro.
© Elena Mearini, 2017
© Elena Mearini, 2017