“NON SIETE VOI CHE M’INSEGNATE A GUARDARE. STATE SOLO IMPARANDO A ESSERE CIECHI”
Nel racconto “Cattedrale” di Carver, l’anonimo protagonista, uomo fatto di solitudini dure e ossidate chiusure, riscopre la bellezza di uno sguardo che si apre al mondo attraverso il breve ma intenso contatto con Robert, uomo cieco ma capace di vedere ciò che gli occhi tralasciano.
Robert desidera che gli venga descritta una cattedrale, simbolo assoluto di quella tensione inarrestabile che porta l’uomo ad innalzarsi a Dio.
Il protagonista si scopre però incapace di farlo, come se i suoi occhi non ne avessero memoria piena ma solo avanzi, resti raccolti da sguardi distratti. Sarà Robert a rivelargli la verità della cattedrale, un cieco che sa ascoltare le cose con ogni parte di sé, e così facendo le vede e le possiede. Abbiamo occhi poveri di pazienza, occhi che scappano e non si soffermano, esistono senza esserci. Abbiamo occhi ciechi quando manca l’attenzione, quando l’iride non fa spazio all’amore e la pupilla allontana la cura. Abbiamo occhi poveri quando ci scordiamo la ricchezza di essere corpo vivo che tocca, sente, vibra. Occhi idioti quando pensiamo che aprire le palpebre basti a vedere. Il cieco di Carver ci insegna cosa significa vivere da creature sveglie.
© Elena Mearini, 2017