IL DIAVOLO VESTE ADA
“Fashion victim”.
Il titolo era fatto.
L’acca viene dopo la esse? Nel dubbio Arturo Zanetti buttò un occhio su Google traduttore. Mettere in prima pagina la sua ignoranza dell’inglese era l’ultima cosa che desiderava. Insieme a tutto il resto. Quello non era il genere di notizie per il capo redattore di un giornale di provincia. Il pane quotidiano di Arturo Zanetti erano furti in villa, delinquentelli e spacciatori da poco, articoli fotocopia sugli incidenti del sabato sera. La cronaca noiosa e confortante della bassa. Quella storia non gli andava giù. Fosse stato per lui, ci avrebbe fatto solo due righe. Ma poi era saltato fuori che la ragazza è una che ha fatto fortuna, che i nonni materni stanno ancora al Casale e fuori dal suo ufficio la conosceva l’universo intero. Un putiferio. Alla Silvana erano cadute le ragnatele dalle orecchie, tanto i telefoni avevano squillato. In piazza, due unità mobili della televisione avevano tirato su cparabole da far spavento. All’Arturo Zanetti era toccato vedere i suoi compaesani fare “Ciao mamma” in diretta sui programmi del pomeriggio, dietro a due sgallettate che, in concorrenza fra loro, raccontavano alla nazione le sventure di Ada Soragni, fashion blogger e it girl.
«Fashion che?» aveva urlato Arturo a un sbalordita Silvana. E questo era quanto.
Internet e le immagini del www non erano riusciti a chiarirgli il concetto.
«Ma che lavoro è?»
Silvana aveva avuto il suo bel da fare nel tentare di spiegarglielo.
«Le fashion blogger sono ragazze che si occupano di moda su internet».
«Sì, ma che lavoro è?».
«Aprono un blog, parlano di moda, commentano le sfilate. Indossano abiti e creano i loro out-fit, si fotografano, vengono fotografate, partecipano alle sfilate, fanno tendenza».
Per Arturo Zanetti, diploma di geometra per accontentare i genitori e scuola di giornalismo alle serali, mentre già lavorava in cronaca, il concetto di out-fit e di tendenza era chiaro come una commedia di Ionesco recitata in dialetto finlandese.
«Sì, ma che lavoro è?».
Nemmeno Google traduttore traduceva fashion blogger. Non poteva essere una professione seria.
«Il giro d’affari del blog della Soragni è più o meno di otto milioni di euro all’anno» aveva precisato Silvana.
«Otto che?».
«Mi-li-oni».
Questo cambiava un po’ le cose. Dunque c’erano ragazze bionde, non troppo sceme, in grado di fatturare milioni parlando di borse, scarpe e gonnelle su internet, con un lavoro che non è un lavoro e non si traduce nemmeno in italiano.
«Ada Soragni è la regina delle fashion blogger in Italia, anche se ora vive a stelle e strisce. Il suo blog riceve quasi due milioni di contatti al giorno».
«Adaland?».
«Si legge ei.di.ei.lend, capo. Ah, c’è una mail dal Los Angeles Time che vuole chiarimenti sulla faccenda»
«Adaland è in provincia di Los Angeles? Non sapevo…».
Il disagio cresceva. Dunque era il caso di farle quelle due righe su Ei.di… quel che era. Così dopo un parto durato mezza giornata, quindici caffè e almeno il doppio delle sigarette, Il Gazzettino era andato in macchina, con prima pagina a firma di Arturo Zanetti, taglio alto, approfondimento in terza. Il titolo sfavillante era: “Fashion victim”, con l’acca dopo la esse.
Otello, “il” barista di Casale, aveva preteso una lettura a voce alta di primo mattino, minacciando lo sciopero della Cimbali. Arturo si era prodotto in un’interpretazione degna del Cinegiornale dell’Istituto Luce:
«La famosa fashion blogger, Ada Soragni, i cui nonni materni sono originari di Casale, è stata ritrovata svenuta all’interno dell’emporio Zhongxing Bazar di via Sant’Elmo, 12 – zona industriale, nel tardo pomeriggio di mercoledì 18 maggio. Sulla bocca, intorno a mani e piedi del nastro adesivo blu. La ragazza indossava solo un sacco della spazzatura, nero, lucido a cui sono stati praticati fori per testa e braccia».
Arturo andava molto fiero di quel “nero-lucido”, gli sembrava un dettaglio importante, trattandosi di una fashion girl.
«Prontamente soccorsa dai titolari dell’emporio, Ada Soragni è stata trasportata al P.S. dell’Ospedale Santa Rita dove le sono state prestate le prime cure. La ragazza, appena rientrata in Italia dagli Stati Uniti è ancora in stato confusionale, le sue condizioni sono buone, anche se non ricorda nulla di quanto accaduto. La Polizia, pur brancolando nel buio, sta indirizzando le indagini nell’ambiente della moda. Il successo della giovane blogger, con un giro d’affari milionario, potrebbe essere alla base di quanto successo. Maligni insinuano che la linea di abbigliamento firmata dalla Soragni sia Made in China e che l’insano gesto ne denuncerebbe l’ambigua provenienza. L’ufficio stampa del blog – www.adaland.com – si è affrettato a precisare che i capi a firma Soragni sono esclusivamente Made in Italy, ma si sa, se l’invidia fosse febbre, tutto il mondo ce l’avrebbe».
Arturo Zanetti era orgoglioso della sua chiusa. La lettura finì con la standing ovation dei presenti, colazione pagata e un giro di bianco offerto da Otello a tutti i clienti. Arturo Znon era abituato agli alcolici prima delle sette e trenta, ma gli sembrò un ottimo modo di iniziare la giornata. Forse era venuto il tempo di puntare più in alto. Chissà se avevano bisogno di un capo redattore in provincia di Los Angeles.
La storia della fashion durò il tempo di una settimana, un numero di Chi e un altro paio di collegamenti dalla piazza, poi Arturo Zanetti tornò ai furti in villa, ai delinquenti da poco e agli incidenti del sabato sera. Da Otello si continuò a parlare della Soragni per un bel po’, come si parla delle sirene e di altri esseri mitologici. Colpevoli mai trovati, pubblicità gratuita: enorme. L’articolo di Arturo ingiallì sulla bacheca del bar, accanto alla pagina rosa del vincitore dell’ultimo giro e a una foto con autografo di Walter Chiari del 1963.
«Dì Arturo, come la sta quel diavolo dell’Ada?» chiedono ancora gli avventori, manco fosse la sua fidanzata.
Arturo Zanetti ogni tanto ci torna su www.adaland.com, l’ha messo fra i preferiti. Si è affezionato all’Ada, gli sembra quasi di conoscerla, segue i suoi out-fit, le tendenze. Ha capito il concetto. La settimana scorsa Ada ha pubblicato un selfie con un abito in polietilene nero, lucido.
«Un sacco della spazzatura» ha pensato Arturo.
E si è commosso.
©Anna Martinenghi, 2015
detesto le fashion blogger, femmine annoiate piene di soldi che non sanno come far passare la giornata.
Bel pezzo !