IL PAESE SENZA FAVOLE
C’era una volta,
un paese senza favole, dove non si viveva felici e contenti, ma esauriti e precari. Il PIL non cresceva da anni, il debito pubblico (lordo) si aggirava intorno ai 2.168,4 miliardi e la pressione fiscale era da ipertensione. Un postaccio direte voi, miei piccoli lettori. Peggio vi dirò io. Nel paese senza favole si viveva alla giornata, senza poesia e con fegati molto ingrossati.
Le attività principali consistevano nell’accaparrarsi una poltrona, imparentarsi con qualcuno di potente, o almeno infilarsi nelle sue grazie. Chi poteva, se n’era andato da un bel po’. Il paesaggio era desolante: la massima aspirazione era diventare politici, calciatori o vincere un talent show. Alcuni eletti riuscivano a fare tutte tre le cose insieme, anche se nessuno eleggeva più nessuno da almeno un secolo. Le scuole avevano chiuso i battenti. Rimaneva solo la Cep-University a organizzare corsi per ottenere una raccomandazione, farsi sposare o divorziare secondo la convenienza, calcolare correttamente una tangente. Corruzione I e II erano gli esami più difficili. Restavano poche altre figure professionali spendibili: nani e ballerine in primis. Intorno a loro fioriva un indotto redditizio: scuole di pole dance, danza del ventre, sexy shop e sexy qualsiasi cosa, personal trainer, make up artist, visagisti, massaggiatori, botoxatori, agenti rappresentanti, esperti in adulazione e seduzione, tecnici in variazione delle età anagrafiche.
In tutto questo, a star peggio erano le persone non allineate, i diversi cervello-muniti, dotati di rimasugli di coscienza, fantasia e voglia di fare, quelli che altrove sarebbero stati destinati a grandi cose, ma che nel mondo senza favole erano solo perfetti perdenti.
Albă Ca Zăpada, per esempio, era la badante moldava di sette nani ormai anziani, ma con pensioni d’oro e altre pietre preziose, dopo un solo mandato parlamentare, in deroga alla legge Fornero. Bellissima, ma molto pallida – a causa di un’anemia trascurata, che aveva fatto fuori anche sua madre – Albă Ca Zăpada era fuggita dalla Moldavia quando il padre si era risposato con una veggente estone che aveva previsto per lei morte certa da intossicazione alimentare. Albă Ca Zăpada allora era diventata fruttariana, sperando di scansare la gufata che la matrigna le aveva tirato, con l’unico risultato di accentuare il suo pallore cadaverico e la sua figura magra magra.
«Sei emo?» chiese il nano Gigolò al colloquio.
«Molto emotiva…» rispose Albă nel suo italiano stentato.
«Le prendi le vitamine? Fai regolare attività fisica?» chiese Mambo, esperto in danze latino americane.
«Hai fatto le vaccinazioni?» la interrogò Google, che ne sapeva più di tutti.
«Dormi bene la notte?» domandò Xanax. «Hai certe occhiaie, ragazza mia, dovresti provare il mio materasso in lattice. È in offerta questa settimana, ti faccio lo sconto del 20%».
«Sei parente con Mubarak?» s’interessò Malefico che intravedeva una certa somiglianza con i cugini egiziani.
«Hai qualche allergia?» insinuò Cortisone mentre le faceva un prelievo cautelativo.
«Sai cucinare l’uovo marinato?» pretese Craccolo che aveva gusti raffinati in questioni di cibo.
Albă Ca Zăpada frastornata da tante domande si perse d’animo, ma venne assunta lo stesso, perché i nani videro in lei del potenziale inespresso. La affidarono al loro esperto di look, che dopo un paio di operazioni chirurgiche, una dieta iperproteica e un guardaroba nuovo di zecca, la restituì ai nani in una tutina di pelle nera e un caschetto nero di capelli lucidi.
«Gnocca!» gioirono i nani in coro, tornando subito a farsi l’ossigeno-terapia con degli specialisti cubani.
Albă Ca Zăpada non stava più nella pelle della tutina. Così si fece un selfie e lo mandò via whatsup al padre in Moldavia. La matrigna veggente estone, che aveva previsto tutto questo con un quarto d’ora d’anticipo, intercettò l’immagine e rosicò. Cercò di usare tutti i filtri del cellulare delle sue brame, ma nemmeno su Instagram era la più bella del reame. Rosicò di nuovo. Piena di bile contattò un contrabbandiere ucraino che faceva anche trasporti internazionali per DHL come copertura e spedì a Albă Ca Zăpada un’intera cassa di mele di un certo tipo, accompagnato da un affettuoso biglietto a firma del padre, che la veggente aveva imparato a imitare, per via delle carte di credito.
Quando Albă Ca Zăpada ricevette il dono, pianse di gioia e per sdebitarsi con i nani, preparò loro sette strudel, sette Tarte Tatin e sette crostate a testa. Albă tenne solo un muffin alle mele per sè, altrimenti col cavolo che la tutina avrebbe continuato a starle così bene. I nani, che seguivano una dieta equilibrata, ma che erano golosissimi, si gettarono sul quel ben di dio, pensando “Tanto è solo frutta!”. Arrivati all’ultima fetta però, caddero stecchiti sul pavimento uno dopo l’altro.
Albă Ca Zăpada ebbe un calo di zuccheri e una crisi di panico. Contattò l’esperto di look, che le disse di stare calma e arrivò al volo. «Non ce nulla da preoccuparsi» disse.
«I nani desideravano essere cremati e credo che non sia il caso di contraddirli proprio ora. Ehm…sai mica dove tenevano le polizze di assicurazione caso morte?».
Così Albă Ca Zăpada e l’esperto di look rivoltarono la casa da sotto in su. L’esperto di look, che non era abituato ai lavori manuali, si stancò subito. Si mise comodo a dirigere i lavori e adocchiato l’ultimo muffin alla mele se lo scofanò in un sol boccone.
A Albă Ca Zăpada non rimase che far cremare tutti, cavalli e cavaliere e visto che non avanzava più nessuno, s’intestò le polizze vita in caso di morte. Non visse proprio felicissima, ma si accontentò. Ebbe una storia col contrabbandiere ucraino, ma funzionò perché lei rimase fruttariana e lui cacciatore carnivoro. D’altro canto i principi azzurri sono andati fuori catalogo persino all’Ikea. Si trasferì a Formentera per farsi passare l’anemia. Vive ancora là, è single e si coltiva un’abbronzatura dorata dodici mesi l’anno.
Che volete farci? Il mondo senza favole è pieno di storielle così, con poco sugo, con cui nemmeno si riesce a far scarpetta.
Parlando di scarpe, prendete il caso di Chess. Dicono che fosse una nobile decaduta, con famiglia problematica alle spalle e gravi problemi economici. Pare che abbia ancora da pagare una zucca quattro ruote motrici del conto arancio, usata in una notte di follia. Chess, che in realtà si chiamava Cen -diminutivo di Cenerantola- titolare asmatica dell’agenzia di cremazioni: “Non solo Bacco e Venere riducono l’uomo in Cenere” è perseguitata da un destino avverso. In passato, è stata incriminata del misterioso omicidio di sette nani. Lei, allergica agli acari della polvere e della cenere, durante il pietoso rito della cremazione, non era stata in grado di trattenere uno starnuto, finito sugli impalpabili resti dei sette nani, riposti tutti insieme in un’urna di onice. Gli inquirenti, riscontrate tracce del suo DNA nelle ceneri dei nani, la arrestarono. Così Cen si fece sette anni di carcere preventivo, uno per nano.
Alla fine venne scagionata per mancanza di prove, ma ormai aveva perso tutto. Ridotta a far le pulizie ai bagni della stazione centrale, venne ribatezzata Cessarella. Da qui Chess, che fa molto più America e pure più musical.
Le sfighe di Chess però erano infinite.
Fece uno stage non retribuito da Foot Locker, dove si dimostrò gentile e dotata per la vendita al dettaglio. Riusciva a vendere pure le scatole vuote. Il responsabile delle risorse umane s’interessò a lei. Un venerdì sera le fece la proposta: «Lunedì sarà pronto il tuo contratto trimestrale. Stasera dobbiamo festeggiare, ho organizzato un party alla discoteca “The Castle”, con tutti gli stagisti promossi. Mi raccomando il dress code: tuberi e cucurbitacee».
A Chess non sfuggì il malizioso accento che il responsabile risorse umane aveva posto sulla parola “tuberi”. Decise di strafare: non solo si sarebbe vestita da French fry, ma avrebbe pure affittato una zucca quattro ruote motrici, che aveva visto nella pubblicità della banca, per fare colpo. Andò da Mac Donald’s e ordinò un pacco gigante di patatine fritte, che si cucì addosso su un intrigante mini dress. Ritirò la zucca 4wd e solo allora si accorse con orrore di non avere le scarpe adatte per la serata. Disperata, ma determinata come non mai, affidò a Facebook il post della speranza: “Cercasi scarpe adatte a fantastica patata. 39-40. Questione di vita o di morte”.
Ebbe 459 like, qualche commento osceno e una quindicina di proposte, supportate da allegati fotografici. Scelse le scarpe tacco 19 con plateau a led di Fata Morgana – famosa Drag Queen -. Era in ritardo. Arrivò con la sua zucca rombante, ma i parcheggi del locale erano tutti occupati e fu costretta a lasciare la zucca all’autosilo, distante almeno un chilometro da “The Castle”. Il parcheggio scadeva a mezzanotte. Si fece tutta la strada con le scarpe in mano, per non rovinarle. Quando arrivò, notò con disappunto che tutte le donne indossavano mini dress patatinati. Le scarpe tacco 19 con plateau a led, però, fecero il loro dovere e il responsabile delle risorse umane rimase ipnotizzato dalla loro luce rosa. Il party entrò nel vivo, ma era quasi mezzanotte e Chess dovette tornare all’autosilo. Scese dai suoi plateau e si fece due grappini per riscaldarsi e farsi coraggio. Recuperò la zucca, ma si era dimenticata le scarpe nel locale. Tornò sgommando verso “The Castle”, la Polstrada le fece l’etilometro. La sua dichiarazione: «Devo riportare le scarpe alla fata» servì solo a peggiorare la situazione. Risultato: eccesso di velocità, guida in stato di ebbrezza e spaccio di sostanze stupefacenti rinvenute più tardi nel plateu delle scarpe da ballo.
Morale dell’antifavola: diffidate di chi vuol farvi le scarpe, ma anche di chi ve le presta (specie se vostro padre si è risposato con una Drag Queen).
Grande grande grande as usual! Mai che mi deludi!
ciauuu