Partendo dalla suggestione del film Rashomon di Akira Kurosawa abbiamo preso una fotografia scattata da Viviana Gabrini e alcuni Sviaggiatori hanno raccontato una storia interpretando l’immagine a modo proprio.
Il risultato è sorprendente. Perché ogni cosa è vista con i propri occhi e ciascuno di noi ha una sua narrazione della vita e di ciò che vede, anche se l’immagine è la stessa.
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Il volto di Sarah a pochi centimetri dal suo è una maschera stralunata. «Ne ha abusato! Saverio ha abusato di nostra figlia. Ne sono sicura! A-BU-SA-TO!»
L’uomo soffoca l’impulso di ripulirsi dalle minuscole gocce di saliva che sua moglie gli ha sputato sul viso. Il suo sguardo stranito ha seguito il labiale tentando di associarlo al sonoro, ma sente la mente sgusciargli via, con un fremito di sinapsi.
«Ma che dici?», ribatte, trattenendosi a stento dall’aggiungere un eloquente “cretina”.
«A-BU-SA-TO!», sua moglie urla di nuovo, fra le lacrime.
Federico ripete, innervosito: «Ma che dici?», e aggiunge «È impossibile! Conosco Saverio da una vita e … »
[Il balenio di un perizoma di pizzo nero, un riflesso fugace nello specchio del bagno]
«Lo ha fatto anche con me», la voce di Sarah è un gorgoglio quasi inudibile, il volto sprofondato fra le mani. Singhiozza.
«Ma di che parli, Sarah? Cristo, spiegati!» è lui, ad urlare adesso: una nota stridula.
«Saverio mi ha violentata». Le spalle della donna tremano, scosse dai singhiozzi.
Federico resta a guardarla, impietrito.
[La balza traforata dell’autoreggente traccia, sulla pelle della coscia, il limite fra il sogno e il possibile]
«Un mese fa. Tu eri in trasferta», la voce di Sara è un gorgoglio.
[Piove sui tetti di Roma. Dall’abbaino cola una luce grigia e tenue che confonde le ombre dei loro corpi allacciati]
«Saverio ha suonato alla porta, una sera, dicendo di avere dei documenti urgenti da lasciarti, prima di partire per la Spagna Ero sola, in casa. La bambina era dai miei.
L’ho fatto entrare e gli ho offerto il caffè. In cucina, mentre riempivo la moka, gli davo le spalle.
Aveva la solita aria pacata, tranquilla. Parlava della moglie, dei figli che crescono: piccole cose quotidiane.
Poi, all’improvviso, mi si è avvicinato, mi ha afferrato un braccio e mi ha strattonata. Ho rovesciato il caffè. Ho urlato. Mi ha messo una mano sulla bocca. Mi ha violentata, sul pavimento della nostra cucina».
La voce d sua moglie si abbassa di un tono: «Si è rivestito, con calma e metodo. Mi ha lasciata in un angolo, una cosa immobile e sporca».
[«Ti amo», gli aveva detto Saverio. «Non desidero altro che stare con te». Gli aveva creduto.]
«Brutto bastardo, io lo ammazzo! Lo ammazzo con le mie mani, come un cane!».
Sarah guarda Federico frugare febbrile nella cassaforte ed estrarne una piccola rivoltella.
Lo guarda precipitarsi fuori dalla stanza, lo ascolta caracollare giù dalle scale, sbattere la porta a vetri e sparire.
«Perché non ha chiesto subito aiuto?», le chiederanno.
«Ero sconvolta», risponderà torturando l’orlo del suo abito nero, il capo chino: il ritratto di una giovane vedova.
Reprime un piccolo sorriso mentre estrae il cellulare.
Si sente stanca; a primavera si regalerà un viaggio. Magari una crociera: i transatlantici possono essere molto pericolosi per i bambini…
©Maria Elena Poggi, 2019