Una storia, un libro
La descrisse, in un libro memorabile, Maurizio Maggiani: La Regina disadorna, e da quel libro ne puoi sentire anche il profumo, il suono.
A me quel libro è piaciuto tanto e a distanza di qualche lustro riproporre quel temine, La Regina, è parso un fatto naturale.
Cos’è La Regina
La Regina, nel porto di Genova, da secoli è “la merce”.
Il termine viene da lontano, quando Re e Regine erano i padroni del tutto ciò che si trovava sulle loro terre, donne e uomini compresi.
La Regina ha sempre rappresentato il lato più famigliare del duo e spesso anche quello più spietato se non addirittura più manipolatore, forte della sua forza femminile che – mettiamoci il cuore in pace noi maschi – fa dell’intelligenza, della capacità di visione e velocità di sinapsi, la sua unicità.
La coglioneria porta un maschio anche al martirio per una Regina e lei lo sa benissimo.
La merce
Identificare la merce con questo sostantivo ha del geniale!
Pensiamoci un attimo.
La merce nasce come oggetto di scambio – il baratto – laddove due beni anche lontani tra loro, una volta scambiati, soddisfacevano reciproci bisogni.
Poi qualcuno inventò un mezzo di misurazione per i baratti, inventò il denaro.
Il denaro a sua volta generò ricchezze per chi di quelle misurazioni sapeva meglio avvantaggiarsene e accumulare.
L’uovo di Colombo, vien da dire.
Eppure, nulla di più complesso è insito al mondo del denaro e, oggi ancor di più, della finanza che del denaro è lo strumento.
Io do una mela a te…
Pensandoci bene, se per chi aveva mele cresciute spontanee sull’albero nel giardino faceva comodo barattarle con chi aveva pietre per edificare ma non mele per cibarsi, con l’avvento del denaro il “valore” dei due beni assunse ruoli del tutto differenti al punto che chi aveva mele per ottenere sassi doveva vendersi anche l’albero, e con esso le conseguenze del caso.
La Storia de La Regina
Ho scritto La Regina, ispirato a una lotta del Popolo agli albori del ‘900, perché ho trovato in questo intreccio ( popolo-lotta-merce) un’attualità formidabile, necessaria da raccontare.
La poesia, alcune canzoni, molta letteratura, si basa sulla metafora e questa va maneggiata con cura, soprattutto all’ascolto.
Nel Popolo che alza la testa e rivendica il diritto di esistere osservo un sentimento che oggi non trovo nel nostro anestetizzato vivere occidentale, al pari della lotta, del senso di appartenenza a un ideale, un bisogno, un territorio.
Nella merce trovo quella bulimia che, dall’avvento delle carte di credito, ci ha resi ciechi, ingordi, incapaci di una reazione vitale.
Nasci, consuma, crepa
Nel cambio di paradigma verbale, un’assuefazione di fatto. Su tutte penso all’uso del verbo “consumare”. Verbo che prima degli anni ’80 del ‘900 era, perlomeno nelle classi medio basse, vissuto al negativo: non consumare le suole delle scarpe; la corrente elettrica; l’acqua; l’abito, la terra; il cibo…
Verbo che ai tempi nostri, in genere apre i titoli dei giornali alla voce: “Il calo dei consumi”, riferito a merci non “consumate” e la relativa “economia dei consumi” su cui si basa il misterioso e, secondo me, menzognero, mondo della finanza, cioè, del denaro.
La chiusura del cerchio
Il denaro, la merce: tutto torna e con sé Re e Regine, padroni di tutto ciò che sta sulla “loro” terra.
Credo che la vera rivoluzione, oggi, consista nello scansarsi da questi paradigmi, tirarsene fuori, trovare ostinate vie di liberazione: non facile ma neppure impossibile.
La cultura è un ottimo strumento di fuga: la lettura, l’ascolto.
Ascoltare
Già… l’ascolto.
Quello attivo, che ti mette nei panni dell’altro e ti rende curioso, che ti porta a fare e farti domande.
L’ascolto di un disco, brano per brano, riga per riga, è un gesto rivoluzionario laddove oggi il “sentire” brevemente e passare ad altro è la forma di controllo più fine e crudele che ci viene sottoposta nel quotidiano da pochi e potenti network e/o multinazionali.
Concedetevi un gesto rivoluzionario, ascoltate e leggete anche chi, con spalle piccine e voci nascoste, propone una riflessione, uno scarto di lato, qualcosa che non sia per forza mainstream ma sappia di genuino.
©Paolo Gerbella, 2019
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Qui una bellissima recensione a firma di Giorgio Zito