La procedura

«Domenico, corri! Domenico ti vuoi sbrigare?»
La gente cominciava a innervosirsi e invocava l’unico uomo in grado di risolvere la situazione. Erano le nove del mattino, c’erano poche persone in spiaggia, i soliti mattinieri con il quotidiano da leggere in santa pace, qualche giovane mamma con un bimbo da non esporre alle alte temperature e al sole a picco delle undici, anziani annoiati che dormivano poco e dovevano camminare in acqua perché quando è fredda fa molto bene alla circolazione.
Un uomo sui sessanta, immotivatamente abbronzato, stava assaporando una pagina interna del suo quotidiano preferito su una sdraio sotto l’ombrellone, c’era un retroscena interessante su un
pestaggio tra parlamentari avvenuto durante una seduta della Camera. Se lo gustava con avidità, il sigaro spento tra i denti, la polo col colletto alzato per proteggersi dalla brezza del primo mattino, i
piedi al sole per carpirne il dolce tepore. All’improvviso cominciò a percepire un rumore, un suono disturbante in sottofondo, qualcosa che non si accordava con la quiete e il benessere tipici di quella
fascia oraria. Suono di mani aperte sbattute sul pelo dell’acqua, di schizzi, schiamazzi che non rimandavano al divertimento e all’eccitazione del gioco, forse più al… panico?
Alberto si risvegliò dalla rilassante ipnosi indotta dalla lettura delle beghe da “spiaggia ministeriale” e cercò di capire da dove venisse quel senso di inquietudine. Si abbassò gli occhiali da lettura sulla punta del naso e guardò il mare, istintivamente si concentrò sulla ricerca di ragazzi festanti che giocassero a immergersi e schizzarsi a vicenda, anche se non c’era gioia in quel baccano, non sembrava una sensazione di vita ma più di angoscia, forse, agonia, no, quella era paura.

L’uomo lasciò cadere il giornale che si aprì come un uccello che volesse spiegare le ali e prendere il volo, scattò in piedi, gli occhiali gli caddero in mano, non ricordò di aver cercato di metterli in salvo
da un’immersione nella sabbia, e non ricordò neanche di aver preso la decisione di correre verso il bagnasciuga per verificare se il suo cervello gli avesse comunicato la sensazione giusta. Si bagnò i piedi
ma non sentì il gelo dell’acqua, rimase pochi secondi immobile con la mano sulla fronte per proteggere gli occhi dal sole e ricostruì la situazione: un gruppo di persone si agitavano creando cascate di spruzzi e urlando per chiedere aiuto. Alberto si guardò intorno e vide in lontananza la sagoma di un uomo alto, dal fisico asciutto, con l’inconfondibile costume rosso da bagnino. Valutò che avrebbe impiegato meno tempo a correre verso di lui chiamandolo a gran voce piuttosto che cercare il cellulare rimasto nella borsa degli asciugamani, per chiamare quale numero? Non ricordava, chi si chiama se vedi una persona che sta per affogare, o ha un infarto, oppure è stato investito e giace sul ciglio della strada?
Scattò verso il bagnino gesticolando, gridava «Domenico corri! Affogano! Affogano!»
Si cominciò a creare un capannello di persone, testimoni di una potenziale tragedia, qualcuno si chiese se sarebbe stato in grado di arrivare in tempo per risolvere quella situazione che non era neanche molto chiara, cioè chi era in pericolo? Quanti di quei ragazzi stavano rischiando di affogare, tutti o uno solo?
E perché?
Probabilmente il panico era stato innescato dal dolore per il contatto con una medusa o un pesce nascosto sotto la sabbia e allora succede che ti spaventi e non ricordi più come si sta a galla. E
se invece il gruppo si fosse avventurato dentro una corrente molto forte, di quelle che in superficie non si possono vedere ma ti posso trascinare sempre più al largo? Accadono anche queste cose e per
questo non ci si deve avventurare troppo lontano quando si fa il bagno. In quel caso, solamente un esperto poteva intervenire, altrimenti si rischiava solo di complicare le cose. E la gente continuava ad arrivare, chi mollava borse, asciugamani e figli sotto l’ombrellone per correre a vedere cosa stesse succedendo e commentando quale fosse la cosa giusta da fare, tenendo corsi sulla sicurezza in mare, simposi sulla regolamentazione articolo x comma y, sciorinando regole di buon senso e articoli di legge, poi c’era chi si avvicinava con passo incerto, valutando se fosse il caso di mostrarsi curioso (non sembrava una bella cosa), e poi c’era quello che preparava una prosopopea buona da usare a tragedia avvenuta,
esercitandosi con qualche incerto curioso rimasto nelle retrovie.
Domenico raggiunse il punto in cui era più facile vedere cosa stesse accadendo con l’ausilio dell’immancabile binocolo, la folla si aprì per favorirne il passaggio e il bagnino valutò immediatamente che si trattava di un gruppo di cinque o sei ragazzini che stavano lottando contro una corrente molto forte della quale i vari assistenti bagnanti erano perfettamente a conoscenza: quei poveretti venivano
letteralmente succhiati dall’abisso come spaghetti ingurgitati senza forchetta.
«Lo dicevo io, una corrente, avete sentito tutti che io lo sto dicendo da mezz’ora?» disse con orgoglio la donna con un pareo animalier e i capelli raccolti a un’altezza allarmante, quasi sulla fronte, che si
presentava come personal trainer.
«Comunque non è detto che non ci siano finiti perché spaventati da una medusa.» cercava di non perdere terreno un pensionato che aveva tenuto una lezione di zoologia con varie tesi sulla capacità di
sognare attribuite ai celenterati.
«Ecco, adesso c’è stato un inseguimento e la medusa li ha puntati come un cane, dai su, sentite me.» rispose la signora Fontanella eccitata dal fatto di aver azzeccato la causa di quella imminente tragedia, pronta a svillaneggiare il pensionato con metodi da bulla.
Domenico era un fascio di nervi, perfettamente pronto ad agire, aveva fatto tutti i corsi e ottenuto le abilitazioni richieste dalla legge, era sveglio, atletico e desideroso di partire come un razzo per
salvare quei ragazzi. Aveva studiato per anni coltivando il sogno di poter aiutare, di essere utile, di fare del bene al prossimo.
«Allora? Vai, tuffati, aspetti che lo faccia io?» chiese Alberto con una punta di isteria nella voce. Aveva appena ripreso fiato e forse quella fitta che sentiva sul fianco sinistro non era neanche così innocua.

Cosa diavolo c’è a sinistra? La milza o il fegato? Non se lo ricordava mai. E poi era alto quel dolore, forse non era neanche il fianco, santiddio, era il cuore? Ma quei ragazzi stavano urlando come se li
stesse dilaniando una belva, non è facile vedere qualcuno morire, soprattutto se oppone una resistenza così strenua ed estenuante, cazzo, morite in fretta se proprio dovete farlo e basta con questo strazio che uno potrebbe salvarvi ma perde tempo lasciando il mondo in sospeso. Allora, chi si muove?
«Stia calmo, sono pronto a partire e ho tutte le competenze per poter salvare quei ragazzi in sicurezza.»
«E allora vai, cosa aspetti?»
«Scusi lei, non conosce la procedura?» si intromise Fontanella agitando con perizia il seno sotto il velo animalier come un serpente che prepara la muta, «non è che uno può partire e salvare la gente
così, ci sono delle regole.» concluse lei sottolineando la parola “regole” con una moltiplicazione anomala delle E. Sembrava stesse facendo una televendita per illustrare i benefici del materasso allungabile, scaldabile, lavabile, edibile.
Li raggiunse il proprietario dello stabilimento «li ho chiamati, stanno arrivando, due minuti hanno detto.»
I ragazzini agonizzanti si agitavano e urlavano dentro una fontana di spruzzi, non sembravano intenzionati ad arrendersi.
Dopo un milione di anni arrivò l’addetto inviato dal ministero Salvataggi e Beni Balneari, trafelato e in tenuta da ufficio. Giacca e cravatta, pantaloni lunghi, scarpe da barca, capelli scarmigliati e radi
sotto i quali riluceva una cute sudata e arrossata dal sole.
Il cortigiano burocratico inforcò gli occhiali e cominciò a girare le pagine di una cartelletta da presentatore televisivo.
«Allora, giusto il tempo di compilare il questionario, due firmette e vi lascio lavorare. Lei è l’assistente bagnante? Signor?»
Vennero fornite tutte le generalità, attestati, codici di riferimento, intanto la fontana formata dai disperati tentativi dei ragazzini di rimanere a galla andava indebolendosi.
«Scusate, non vorrei dire un’ovvietà ma non sarebbe il caso di salvare prima i ragazzi e dopo compilare…»

«Ecco un altro fenomeno! Non si può, c’è una procedura, altrimenti qua ognuno fa come gli pare e l’Italia finisce a gambe all’aria, complimenti signor intellettualone, professorone.» Fontanella interruppe immediatamente la protesta di Alberto che fremeva, probabilmente spinto dall’impulso di gettarsi in acqua al posto del bagnino. Sì ma dopo aver corso pochi metri aveva già le fitte al cuore, o fegato o pancreas, figuriamoci cosa avrebbe potuto fare dentro una corrente con un gruppo di ragazzini appesi a braccia e gambe.
Il burocrate lo guardò con indifferenza «lei è l’avvistatore? Bene, poi ho qualche domanda anche per lei, sa, per riempire il modulo.»
«Pure? Non intendo rispondere a nessuna domanda se prima non salvate quei ragazzi!»
«Ma certo che risponderà signor eversivo, perché sa, io ho il potere di denunciarla alle autorità competenti se non si qualifica e non provi nemmeno a mettere un piede in acqua perché la faccio
arrestare per illecito soccorso» lo minacciò il molliccio addetto ministeriale.
«Intanto chiaritemi se si tratta di sventurati italiani o stranieri, mi porga il cannocchiale per una prima valutazione» ordinò al bagnino, «pelle molto abbronzata ma potrebbe essere non caucasica, nessuno
ha sentito cosa dicono?»
«Mi pare dicessero “savlaaaat…”, ma potrebbe essere stato “Sāhāyya”» si intromise nuovamente Fontanella, «è bengalese, sa? Scriva.»
«Oh grazie signorina, questo vuol dire aiutare.» rispose in maniera galante l’ometto.
Si avvicinò il pensionato amante delle meduse «e perché non potrebbe essere “sahaayata”?»
«Che lingua sarebbe?» chiese il burocrate prendendo appunti.
«Dovrebbe essere “maithili”»
«E dove si parla?»
«In India, mi pare.»
«No, non mi sembra un’interpretazione interessante. Continui lei Signorina.»
«Beh, non ci giurerei ma potrebbero aver detto “tulung”, ma non so, è sundanese.»
«Oh ma il Sudan è interessantissimo signorina.»
«No, dicevo su-n-danese, si parla in Indonesia, va bene lo stesso?»
«Beh, oddio, di che colore sono gli indonesiani?»
«Beh, direi, belli scuri. Sì, dai, scriva indonesiani e fermiamoci qua.»
L’ometto prese appunti secondo le indicazioni di Fontanella.
Alberto cominciava a respirare sempre più affannosamente mentre osservava i ragazzini diventare meno reattivi, affondare tra gli spruzzi e le piccole onde formate da quell’ultimo, strenuo tentativo
di restare a galla.
«Però, tuttavia, a me è sembrato che uno dei ragazzi si rivolgesse a un tale “Ciro”» si ripropose il pensionato.
«Non rimettiamo tutto in ballo signore che qui stiamo cercando di salvare delle vite» rispose con tono grave l’ometto, «a proposito, si agitano ancora i soggetti?»
Alberto si era lasciato cadere sulla sabbia e stringeva le mani sul petto, come se respirasse a fatica «no… stanno… li abbiamo lasciati… oh mio dio aiutatemi…»
Il ministeriale gli lanciò un’occhiata distratta «si calmi, lei non è di mia competenza. Allora, chiudiamo questa pratica, dunque, questi indonesiani, si possono recuperare signor Domenico, ma se servono
cure urgenti vanno trasportati a… mi lasci guardare le tabelle… sì, ecco, siamo a Ostia quindi gli stranieri vanno portati al pronto soccorso di Biella. Fossero stati campani, come suggeriva il signore, con l’autonomia differenziata, vediamo, siamo in centro Italia, quindi, i malati del sud devono subire un chilometraggio di… ecco, sarebbero stati mandati a Ragusa, ma non preoccupiamoci di questo. Vada Domenico, su, forza, recuperi.»
«Scusi, ma io non li vedo più, probabilmente sono stati risucchiati dalla corrente. Dove vado a recuperare quei corpi?»
«Oh, adesso parliamo di corpi dunque, ecco, vediamo cosa dice in merito La Procedura.»

©Ale Ortica

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