La forma della stanza [10] di Stefania Morgante

©Labirinto e cuore di Barbara Garlaschelli, 2014
©Labirinto e cuore di Barbara Garlaschelli, 2014

“Come un pezzo di ghiaccio entro cui brucia una fiamma”*

Sono il punto, la quiete.
Sono il ponte fra il silenzio e la parola.
Potrei essere la fine di qualcosa, più spesso sono l’inizio di un suono, o di un silenzio.
A seconda di come io venga usato, cambio lo scenario, amplio lo spazio o lo restringo.
Promuovo come soggetto un’azione, oppure un luogo o una persona.
Se mi disegnano minuscolo, sono un granello di sabbia rotondo.
Se abbonda il colore, divento un disco pesante su uno sfondo che scompare.
Assumo peso, valore, determinazione, dalla mia forma.
Posso sussurrare, gridare, ululare o essere afono.
Mi basta aggiungere spigoli, mi basta deformarmi in una forma geometrica, inclinarmi, innalzarmi, espandermi, contrarmi in alcune zone: non sono più io, eppure rimango un punto.
Sono un mondo concentrato.
 
 
Sono la linea, nata dal movimento.
Sono un punto che si muove.
Ero un segno fermo, ho cominciato ad esplorare lo spazio, mi sono trasformato in una infinita possibilità di movimento.
Cerco direzioni, esploro lo spazio.
Dentro di me la tensione di una nuova forza che mi spinge ad essere tesa e a scoprire cosa ho attorno.
Mi muovo nelle tre direzioni, sono calda o fredda o freddocalda.
Se sono gialla avanzo, se sono azzurra, indietreggio.
Scivolo dall’alto verso il basso con naturalezza, se dal bianco arrivo al nero.
Un mio desiderio, generare una superficie.
I limiti non sono immobili. Mi muovo nello spazio e nel tempo.
Sono potente, uso il tempo a mio piacimento e mi metto a disposizione di ogni cosa vivente.
 
 
Sono la superficie, accolgo i contenuti.
Sono quella che sta sul fondo, pronta ad accogliere le forme dell’opera.
Sono l’incontro di linee orizzontali e verticali, che mi definiscono e mi rendono indipendente.
Sono un organismo primitivo, ma vincente.
Posso dirmi sviluppato, libero, accogliente, a seconda di cosa arriva su di me e a cui do’ lo spazio per vivere.
Siamo il punto, la linea, la superficie.
Ci ascoltiamo con attenzione. Troviamo il vivente, rendiamo manifesto il pulsare della vita e le sue connessioni, in ogni piano dell’esistenza.
*Kandisky definiva così la sua pittura, così potrebbe essere definito il suo libro ‘punto, linea, superficie’ (Adelphi), per una nuova teoria dell’arte e non solo, da cui è liberamente tratto questo mio piccolo testo.
 
 
©Stefania Morgante

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1 commento

  1. bellissima riflessione sul punto, la linea, la superficie, molto stimolante. raccolgo anche il prezioso suggerimento di lettura, 🙂

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