LATTE
Nonno Silvio non amava il latte, anzi si faceva vanto: “Io il latte ho smesso di mangiarlo da neonato e non ne ho più assaggiato una goccia.”
Nonna Giacinta sorrideva e annuiva, poi tornava in cucina.
Il latte lei lo comprava tutti i giorni e a lui diceva che lo beveva perché faceva bene alle ossa.
Poi lo utilizzava in cucina, lo infilava in tutti i piatti che cucinava, il pollo in padella, le minestre di verdura, le torte e le creme; persino quando faceva le cotolette lo mescolava nell’uovo di impanatura. Sorrideva, mentre si ingegnava a nascondere la presenza del latte costringendo il nonno a mangiare una cosa che detestava e dimostrando così che lei più forte delle sue fisse, che erano solo mentali, benché lui proclamasse a gran voce che il suo stomaco non aveva proprio modo di digerire il latte.
Negli anni, quando nacque il latte senza lattosio, gli propose di assaggiarlo, ma lui, granitico nelle sue idee culinarie come lo era in politica, non mollò.
Anzi, proprio nel letto d’ospedale, negli ultimi giorni di una vita serena, quando la vecchiaia prese il sopravvento, alla domanda specifica di un’infermiera: “Vuole una tazza di latte?” ritrovò la voce di un tempo per tuonare: “Mai bevuto latte in vita mia!” rubando un sorriso alla nonna, che in quei giorni, di norma, piangeva.
Dopo, si trattò di vuotare armadi e mettere in ordine cose. E portarle a chi ne aveva davvero bisogno.
Accompagnai la nonna al centro di raccolta Caritas. E lei si stupì (e un po’ anch’io) di quante persone ci fossero, in fila, per prendere cose, ma soprattutto per ritirare qualcosa da mangiare.
Le volontarie che si occupavano della distribuzione, ci dissero che avevano tanto bisogno di latte, non bastava mai.
Anche lì, nonna sorrise.
Uscite, volle andare al supermercato più vicino, comprò venti litri di latte e mi chiese di portarli alla Caritas.
A casa, la sera, mi chiamò e mi disse:
“Ecco, questi sono dei soldi che avevo messo da parte, ora tienili tu e tutte le settimane vai a comprare il latte per quelli che ne hanno bisogno. Dobbiamo farlo nel nome del nonno, ti prego.
Ogni volta che qualcuno berrà il suo latte, io sorriderò, sarà come prenderlo in giro ancora un po’, sarà come averlo qui, a fargli credere di essere sempre lui il più forte e il più grande. Sai, per anni è stato felice perché doveva occuparsi di me e si sentiva importante. Il giochino del latte mi faceva ritrovare fiducia, come se anch’io valessi qualcosa.
A volta, l’amore si manifesta in modi strani.
Noi, nonostante il latte, ci volevamo bene, sai?”
© Antonella Zanca, 2016