Ingredienti [2] di Antonella Zanca

©foto di Antonella Zanca
©foto di Antonella Zanca

IL RISO DI TOPO GIGIO

Edoardo rimase qualche minuto a osservare la nonna.
Doveva essere l’ultimo respiro, quello. Era stato fermo, immobile e quasi in apnea anche lui per un tempo che sembrava non finire mai, in attesa. Aspettava di sentire il gorgoglio rantolante e quel sibilo che avevano accompagnato come una colonna sonora costante le sue ultime ventiquattro ore.
Nonna Vittoria aveva finito il suo compito, ora toccava a lui.
Sapeva che il mondo là, dalla strada fuori dal cancello, verso tutte le altre strade, lo considerava sfortunato. Lui non sapeva e non voleva catalogarsi.
A dieci anni i suoi genitori, durante un giro in moto, erano stati investiti da un’auto che non aveva rispettato uno stop. Via, un attimo, tutto finito. Imparò, in quei giorni, una serie di parole che non avevano mai avuto senso e che per un po’ aveva continuato a sentire, davanti e dietro di lui, bisbigliate, sussurrate, cantilenate con dolcezza che voleva essere pietà e che lui non voleva ascoltare né capire.
Edoardo aveva la nonna.
Lo seguiva da sempre, faceva di tutto, con lui. Aveva imparato anche a fare il portiere, per lui che solitario passava i pomeriggi in casa, niente campi di calcio, niente oratorio, né piscina o feste di compagni.
Aveva cominciato a mettere la nonna in fondo al corridoio e a dirle: «Para!»
Lei, con la gonna di gabardine e il tacco di cinque centimetri, riusciva a tirare calcetti precisi, a schivare palle insidiose, a ridere felice.
Poi, improvvisamente seria, chiedeva: «Cosa vuoi da mangiare, oggi?»
E lui, invariabilmente, rispondeva: «Il riso di Topo Gigio».
Era iniziato tutto per caso, quel suo modo di fare il riso in bianco per lui piccolo: arricchire il più possibile un piatto, arricchirlo perché lui mangiava poco, sempre.
Dargli un nome simpatico fu la trovata migliore. Lui amava quel riso e nei giorni della ricerca della consolazione per qualcosa che ancora non aveva ben capito, nonna Vittoria lo prese per mano e lo portò in cucina, davanti a un bel piatto di riso di Topo Gigio.
Ora, ritrovato ossigeno nei polmoni e non ancora trovate le lacrime, guardò la nonna. Disse: «Ciao» e andò verso la cucina.
Riso da cuocere in acqua bollente insieme a pezzetti di patate. Arrivavano a cottura insieme, si colavano e si condivano con tanto parmigiano e un bel pezzetto di burro. Una ripassata in padella e tutto era pronto.
Una delizia per il suo corpo. Una delizia per il suo cuore. Una delizia che nella splendida e malinconica nostalgia, lo fece finalmente piangere. Per lei, per i suoi genitori che ormai non ricordava più. Per lui adulto e solo.
Ultimo boccone, tiepido eppure ancora buonissimo. Un sorriso.
Ora poteva cominciare a vivere.

© Antonella Zanca, 2016

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