SCARPE
La pozzanghera era lì nel mezzo del marciapiede nonostante non piovesse da giorni e giorni.
Rifletteva le foglie di chissà quale albero e faceva risaltare lo sporco e il disordine che solo un marciapiede di periferia sapeva regalare. Vecchie orme di un’estate passata, macchie di vernice di chissà chi, lasciate chissà quando.
Un uomo alto, magrissimo, con indosso un cappotto dal bel taglio ma dalle cuciture logore, era fermo proprio a lato di quelle due pozzette d’acqua, specchio naturale nel bel mezzo della periferia milanese, incrocio di strade di una volta, di fermate di tram che parevano essere lì da sempre, come da sempre sembrava ci fosse il mercato al mercoledì, che attirava per i suoi colori.
L’uomo non si muoveva. Le persone che camminavano veloci verso la fermata del tram erano infastidite dalla sua presenza, ma lui non riusciva a distogliere lo sguardo. L’acqua restituiva luci e colori e anche un baluginio strano, forse frutto di macchie d’olio o di benzina, certo un caleidoscopio unico e ricco di immagini che faceva sorridere l’uomo.
Improvvisamente, mosse un piede, e poi un altro, e si mise a sbattere le scarpe dentro quelle piccole pozze d’acqua.
Il viso si distese e irradiò gioia.
“Le lavo, finalmente, le mie scarpe. Sono giorni e giorni che cammino con loro addosso e mi sento in colpa, non meritano di essere trattare così male. Tre giorni prima di Natale la signora Valeria, della Caritas, mi ha visto fuori dalla chiesa di Affori e mi ha chiamato. Aveva un regalo giusto per me. Scarpe di pelle, bel carrarmato, suola resistente, il mio numero. Morbide, calde, perfette.
Non chiedo mai di chi siano le cose che mi regalano, ma questa volta erano nuove, e scorgevo anche la tristezza negli occhi della donna.
Faccio fatica a parlare, parlo così poco, eppure sono riuscito a chiederle: da chi?
Una piccola lacrima che subito sparisce. Erano di suo padre. Mi spiega che suo padre amava le scarpe. Ne metteva sempre e solo un paio a stagione, ma ne comprava molte paia.
Papà di Valeria, chiunque tu sia stato ora io le pulisco per te, queste scarpe. E dopo averle ben lavate, me ne andrò sulle scale mobili della metropolitana. Perché lì c’è uno spazzolino che mentre vai su e giù sembra fatto apposta per pulire le scarpe. E magari serve pure ad altro, ma io l’ho visto un signore ben vestito e distinto che se le puliva, proprio l’altro giorno, e proprio in quel modo lì. E quando ha visto che lo guardavo, mi ha sorriso. Ecco, lo farò anch’io, in onore del papà di Valeria.
Che le belle scarpe devono essere sempre lucide, eh.”
© Antonella Zanca, 2017
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