Quand’ero piccolo
chiedevo spesso ai miei
quand’è che mi sarebbero arrivati
i superpoteri tanto desiderati.
Mi veniva una tale rabbia:
Perché non divento l’Uomo Ragno?
Quando sarò Lanterna Verde?
E la mia vista ai raggi x?
Finché non ho scoperto
(sarò stato poco più di un ragazzino)
che io il superpotere ce l’avevo già
ed era il più inutile e insignificante.
Avevo avuto in dono la poesia
quella con cui non annienti nessuno
con cui non salvi le vite, no
al massimo le consumi.
Però ho dovuto subire ugualmente
il destino di tutti gli altri supereroi:
dovevo nascondere a tutti i costi
la diversità che avevo avuto in sorte.
Dovevo fingere di non essere quello che ero
nascondermi dietro un alter ego
travestirmi, indossando vestiti non miei
come se non fossi un poeta, ma un ragioniere.
Che colpa avevo io
se ero più sensibile degli altri
se afferravo al volo, se intuivo
cosa c’era dentro chi mi stava accanto?
Così mi sono cercato un lavoro
e ho trovato un posto in banca
ma sbagliavo sempre a fare i conti
prima o poi se ne sarebbero accorti.
Ho fatto in modo allora di cambiare
in qualche modo trasformando
le mie poesie in barzellette
allora sì che se la sono bevuta.
Tutti pensavano che io stessi scherzando
e si mettevano a ridere di cuore
credevano che stessi sghignazzando
e non sapevano che stavo singhiozzando.
Forse salvo il posto, mi dicevo
con questa storia dell’umorismo
sì, sono qualcuno che non sono
ma in fondo chi se ne frega.
©Davide Marchetta