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Era un equilibrista. Non aveva paura di precipitare. Camminava su una fune sospesa sul nulla. E se riceveva un’offesa, faceva finta di niente, come se non fosse all’altezza di potersi offendere. Non
sei obbligato a scriverne, diceva a se stesso. Il gioco a cui si prestava era quello di lasciarsi dilaniare dal primo che incontrava.
Spesso aveva il timore di essere troppo greve. O lo era troppo poco. Dopo tanti anni di vessazioni subite, andava a cercare ancora il morso avvelenato di uno sconosciuto. Era affetto da egoismo. Poi, alzava la testa. Si guardava in giro. Dicembre è pieno di riflessi, diceva. E indagava sugli efferati delitti che
avrebbe voluto commettere.
©Davide Marchetta