Equilibri

Equilibri precari, Bagar 2013

Equilibrio

Il primo coltello tagliò l’aria e si conficcò a un millimetro dal fianco.
L’unico rumore che si percepiva era il respiro delle persone e pareva sospendersi quando l’uomo lanciava. Gli occhi di tutti seguivano la traiettoria tracciata dall’acciaio scintillante fermandosi sul corpo della donna.
Corpo statuario e viso dalla pelle diafana. Capelli neri. Occhi verdi. Poco trucco e labbra vermiglie.

E così l’aveva tradito.
Marco afferrò il secondo coltello per la lama e stese il braccio. L’essenziale era: concentrazione assoluta.
Svuotare la mente da parole e immagini.
Congelare le emozioni e concentrarsi sul punto in cui doveva conficcarsi la punta.
Dimenticare che davanti a lui c’era Ofelia.
Ci riusciva sempre.
Ma non oggi.
Oggi non era come sempre.
Oggi Marco aveva scoperto di essere stato tradito.
Li aveva visti con i suoi occhi, Ofelia e Niko il giocoliere, li aveva visti nel camerino di lei.
Avvinghiati.
Intrecciati.
Persi uno nell’altra.
Ofelia. La sua Ofelia. L’unica donna che avesse mai davvero amato.
Ofelia, la distante.
Ofelia, l’enigma.
Capace di ire terribili e di dolcezza sconfinata.
L’unica in grado di fargli dimenticare che la vita era solo tempo che passava e anni che ti si caricavano sulle spalle.
Ofelia.
Sua e di nessun altro.
Sino a quel giorno.
Li aveva visti, ma loro non avevano visto lui, impietrito, sconvolto, svuotato davanti a tanta passione. Una passione che aveva sempre pensato sarebbe stata solo e soltanto sua.
Marco fletté il braccio e lanciò il secondo coltello.
La gente trattenne il fiato.
La lama si conficcò a un millimetro dallo zigomo destro di Ofelia.
La gente rilasciò il fiato, tutta insieme, come un enorme mantice.

Lo sapeva.
Ofelia scrutò nello sguardo di Marco, e capì.
Lo sapeva.
Forse li aveva visti.
Quando?
Erano stati sempre così attenti…
No, quella mattina no. Non lo erano stati.
Se l’era trovato alle spalle, Niko, con quelle mani che pareva parlassero alla sua pelle. Lo aveva sentito prima ancora che la sfiorasse. Aveva sentito il suo odore.
Le sue mani, la sua bocca.
Non era bastata la paura di essere scoperta, né il senso di colpa, né l’amore che, comunque, continuava a provare per Marco.
Le mani di Niko accendevano il suo desiderio e ogni resistenza si sgretolava.
Ofelia sentì il primo coltello piantarsi a pochi millimetri dal fianco.
E il secondo l’aveva quasi accarezzata su una guancia.
Guardò Marco negli occhi e provò una pena infinita.
Per se stessa che stava andando alla deriva e per l’uomo che le stava di fronte, piegato dal dolore.
Solo lei poteva vederlo.
E lo vedeva, sulla superficie liquida dei suoi occhi neri.

Stava accadendo qualcosa, Niko lo capì da come Ofelia e Marco si guardavano.
Marco la vedeva e questo non andava bene.
Gliel’aveva spiegata un giorno la teoria della concentrazione, Marco.
Io non devo pensare che di fronte a me c’è una donna. Tantomeno Ofelia. Quando lancio i coltelli devo essere concentrato e vuoto. Non la devo vedere, capisci?
Sì, Niko aveva capito.
Aveva capito allora e capiva anche adesso.
Qualcosa non stava andando nel verso giusto.
Fissò lo sguardo sul viso di Ofelia e, come gli accadeva sempre con lei, sentì dentro di sé qualcosa avvampare.
Avrebbe potuto stare a guardarla per ore, così, senza nemmeno toccarla.
No.
Stava mentendo.
Non era possibile starle accanto senza almeno sfiorarla.
Quella donna ti trascinava lontano, ti strappava da dove stavi, e ti portava in un posto misterioso, che quasi faceva paura.
Un posto in cui la mente, il raziocinio, non avevano più alcuna importanza.
Ofelia, la magica.
Lui che aveva fatto dell’equilibrio la propria vita, accanto a lei precipitava infinite volte.
Niko spostò l’attenzione su Marco, sul suo viso scolpito nell’ebano.
E mentre il coltello tagliava l’aria, seppe.

Il grido di Ofelia spezzò il silenzio.
La gente parve scuotersi all’improvviso e, tutta insieme, gridò a sua volta.
Marco fissò il rivolo di sangue scorrere sul fianco di Ofelia.
Niko corse verso di lei, il cuore impazzito.
«Non è niente, non è niente. Solo un graffio.» Ofelia ascoltò la propria voce senza riconoscerla.
«Sì, signori, calma» disse il Direttore, materializzatosi lì come per incanto. «Non è niente di grave. Solo un graffio.»

Marco non si era mosso. Gli occhi inchiodati in quelli di lei.
Ofelia si sciolse dall’abbraccio della gente accorsa lì per verificare se davvero stesse bene.
Si avvicinò a Marco, stringendo un fazzoletto sul taglio sottile.
«Mi dispiace» le disse quando fu abbastanza vicino per sentirlo.
Ma lei non osò chiedergli per cosa.
Averla ferita?
O mancata?
Poi pensò che, no, Marco non avrebbe potuto mancarla.
«Anche a me» disse Ofelia.
Allungò una mano e gli accarezzò la guancia, fredda come ghiaccio.
Niko, da lontano, li osservò.
In equilibrio sul silenzio.

©Barbara Garlaschelli, 2020

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