Segni diVersi (Page 2)

La scrittura è pericolosa. Mi fa paura, come lo specchio. Scappa da tutti i lati. Mi riflette. E mi nega. La sento respirare nel buio. Mi fa inventare la verità. È una menzogna così vera che non c’è bisogno di mostrare che esiste. Mentre scrivo, io stesso non esisto più. Eppure, godo nel vedere, nel toccare finalmente. Un piacere che è dolore. Posso essere sul rigo, nella pagina. In un’idea. Ma non sono io. La scrittura mi seziona. Mi annulla. Non mi fa diventare. I vocaboli di cui si nutre sono la mia pelle, i miei occhi, il mio sangue. Ma negano indifferenti ogni mia identità.

La non-esistenza (il non-esistere) lo intrigava. Questo perché la sua visualità non era programmata. Non era influenzata dal Super-Io.Sì, è vero, il taccuino era un inquisitore che lo torturava, senza rispondere mai alle sue domande. Ma lui era troppo vigliacco per la vendetta. Niente di niente, diceva. Niente di niente.leggi »

Come tutti, amava edificare un tempio alla lontananza. Il suo unico lavoro era vivere. Per il resto era disoccupato. Per lui perdere tempo era guadagnare tempo. Perché? Aveva avuto da se stesso l’incarico di investigare su se stesso. E allora la sua scrittura era diventata la goccia che fa traboccareleggi »

L’impatto col suolo per lui era stato devastante. Ora guardava se stesso, con ammirazione, ma anche con stupore. Continuava a studiarsi. Era innamorato del caso. La vera notizia sono io, diceva.E aggiungeva: l’unica notizia. Cadere dall’alto di una visione e ritrovarsi con le ossa rotte. Essere umiliato davanti a tuttileggi »

Un giorno si sarebbe guardato allo specchio e avrebbe capito che la sua realtà non somigliava alla realtà. Adesso mi scoprono, diceva. Certe mattine – ma anche certe notti, se è per questo – si decomponeva con indolenza. Intanto, si raccontava un sacco di balle. La libertà, lo faceva andareleggi »

Non faceva che studiare il tempo della disfatta. Della sua disfatta.Aveva anche organizzato una raccolta di firme per protestare contro la sua presenza nel mondo. Il fatto è che stava studiando la lingua dell’addio. E considerava che solo se rimaneva dietro le quinte era un grande attore. Respirava l’anima dellaleggi »

Pagine nere, diceva, non vedo che pagine nere. Per lui il mondo era più un’intuizione lirica che una riflessione. Al ristorante, in chiesa, a una mostra, o all’università, sentiva di partecipare a unarecita patetica. In mezzo agli altri, come un atleta fuori allenamento, aveva il fiato corto. Stai zitto, dicevaleggi »

La morte apriva ogni porta. O le chiudeva tutte. La morte era comoda. Era come un cadavere che si fa la doccia. Ora lui sentiva di voler restare fra i morti. Era pronto. E decise di annunciarlo a se stesso. Così, mentre ringraziava sempre chi non doveva ringraziare, ci prendevaleggi »

Fece scattare la penna come se fosse il grilletto di una pistola. Poi,la puntò alla tempia di lei. Ma lei non c’era. Se n’era già andata via da chissà quanto tempo. Ecco, gran parte delle sue giornate le trascorreva così, aspettandola. D’altra parte, nella sua vita non c’era mai statoleggi »

Segesvár, 3 maggio 1890 … ti accanivi a chiamare mostri gli altri, ma adesso sei tu il vero mostro. Lo sai, no? Mi fai paura. Mi aspetto che da un momento all’altro tu mi possa mordere sul collo per succhiarmi il sangue.Ma ora che ho appena scritto questa frase mileggi »

Estenuanti sortite marine agitano  granelli di sabbia nel turbinio di poco spaziose autovetture. Logori tramonti creano ostacoli sconcertanti per l’avvenire instancabile. Foto-ricordo finiscono nel cassetto con l’argenteria e diventano romanzo, epopea, ceneri da disperdere dall’alto di cime analitiche. Nei silenzi spregiudicati  delle notti estive, ogni disperazione è condannata, i racconti leggi »