Punto di partenza
Il mare aveva iniziato a schiaffeggiare la nave con più forza. Ester era al bancone del bar e beveva una doppia vodka. Si infastidì perché l’uomo accanto a lei aveva provato a fare lo spiritoso. Scivolò giù dallo sgabello e, con l’aria di chi ha dimenticato qualcosa, si sfiorò le guance. Barcollando, si perse nei corridoi della nave. Saltò un paio di scalini, spinse una porta e si ritrovò fuori, sul ponte. Si avvicinò al parapetto. Chiuse gli occhi. Sentiva gli spruzzi del mare picchiettarle sul viso. Aveva lo stomaco chiuso in un pugno, la gola secca e un mal di testa terribile. Ascoltava la sua stanchezza, mentre il gelo le saliva su per le gambe. Riusciva a sentire lo sguardo della notte addosso. Per pochi istanti osservò il paese che sotto i suoi occhi si allontanava. Non sarebbe tornata mai più. Del resto, nessuno aveva detto niente quando aveva annunciato la sua partenza.
Gli occhi si abituarono all’oscurità. L’adrenalina e il gelo le eccitavano il cuore. Con un gesto secco dei piedi si tolse le scarpe e le allontanò. Si sollevò sulle punte, spinse il corpo magrissimo in avanti. Senza paura, protetta da pensieri ben saldi che scivolavano veloci verso l’abisso. È perfetto, pensò. Il mare nel pieno della sua forza, il cielo sontuoso come in un dipinto, lei intorpidita e leggera. Il luogo dove tutto può iniziare o finire, disse sottovoce. Trattenne il respiro, si fece forza sulle mani, sollevò il piede e quando si accorse che qualcuno si stava avvicinando, si voltò di scatto. Spaventata e un po’ emozionata dall’idea che un uomo si fosse accorto di quello che stava per fare e cercasse di dissuaderla. Invece, comparve una donna giovane che non si era accorta di nulla. Pensò che, a ogni modo, con quel freddo e quel corpo gracile, sarebbe andata via nel giro di pochi minuti. Si sbagliò perché la giovane donna se ne rimase lì, a guardare il paese, ormai ridotto a un puntino, con il sorriso sulle labbra.
«Scusi, ha da accendere?»
Ester levò lo sguardo confusa. Scosse la testa. Non disse nulla. L’altra rispose con un cenno che Ester poté appena distinguere. La donna continuò a frugare nelle tasche del suo giubbotto. Trovò l’accendino. I capelli ricci e biondi tendevano a scivolarle sull’occhio destro, e questo la portava a scuotere spesso la testa per allontanarli. Ester continuò a osservarla e quando la ragazza si voltò, lei le rivolse un sorriso impacciato. Attorno a loro, il respiro profondo del mare. Le gambe di Ester cominciarono a perdere forza e a tremare. Decise di tornarsene al bar. Ordinò un’altra vodka. Si guardò intorno. Era seduta di nuovo accanto all’uomo di prima. Adesso aveva un bambino sulle ginocchia. Per un istante i loro occhi si incontrarono. Lui le fece un sorriso. La donna che prima era sul ponte diede il biberon al neonato. Ester strisciò lungo il bancone in direzione di un tavolo, con passi lenti e distanziati. Si sedette, spinse il bicchiere verso il bordo, si strinse nelle spalle. Il tempo le sembrò allungarsi. Le dita snelle che stringevano il bicchiere le tremavano. Le fece scorrere tra i capelli con espressione turbata. Sono andata via, pensò. Adesso nessuno potrà farmi del male.
«Nessuno», disse scuotendo la testa.