Dolce
Preparo un dolce. Una torta al cioccolato, che sia semplice, veloce, ma d’effetto.
Setaccio la farina e la lascio cadere in una scodella di metallo vecchia e deformata. Avrà cinquant’anni. Potrei versarla direttamente sul tavolo e impastare. Lo farei se avesse mezzo secolo.
Alla farina aggiungo il caco amaro. Gli amici mi dicono che cucino bene.
Il segreto è questa ciotola, o il vecchio cucchiaio di legno, o il setaccio. Oggetti che in tanti butterebbero via. La scodella è mia, di mia madre e di mia nonna.
Una ciotola di metallo sbiadita e bucata sul bordo. Non è lineare, la base non è stabile. È fatta a mano.
Mescolo gli ingredienti della torta con i ricordi del passato.
La mia fronte arriva appena sotto il bordo di un tavolo di legno. La nonna impasta. Prepara il pane e racconta. Lo fa con timidezza, scandendo le parole giuste, con una stretta al cuore. Rispetta il passato, racconta la verità. Ha gesti eleganti delle mani e del corpo. Toni caldi, pause sentite, cercate. Ricordi vivi. Le parole che pronuncia sembra che sboccino nel suo corpo. Per un attimo, diventa seria, come se rivedesse una scena lontana, il suo volto si fa duro mentre mi dice:«La morte è un fatto naturale, come la vita».
La mia nonna è anziana, larga di spalle, piena di forza, tanto fisica che interiore. Sento che è importante rimanere accanto a lei, ascoltarla in silenzio. Parla della guerra, degli amici, di chi c’è, di chi non c’è più. È rassicurante ascoltarla.
Aggiungo tre bicchieri di latte al mio impasto. Mi blocco a metà del gesto. In piedi, immagino di essere lei. Una donna nata per amare, rispettare, fare, in modo del tutto naturale.
Così, quel latte è delle pecore che dormono, sul retro. La farina è quella del grano che con mio marito ho seminato a novembre. Il burro è fatto in casa. Le mandorle sono quelle dall’albero che è in giardino.
Vecchi oggetti, il mestolo, la ciotola, il setaccio, che condensano l’essenza della vita.
Inforno la torta. Intreccio le dita e aspetto.
© Sandra Giammarruto