Aspirante letargica

Soffro di disturbi del sonno. Non dormo come gli altri esseri umani, non passo 8 ore in uno stato di misericordiosa assenza di coscienza, preoccupazioni, paura, rabbia, tensione. Questo stato di splendida e
agognata distanza da me stessa può durare al massimo due ore, poi arriva il folletto del sistema nervoso, un orrendo gnomo butterato con le cicatrici dell’acne dalle guance fino all’inguine, doppie punte,
pancia da bevitore e alito felino e comincia a urlarmi nel cervello le ultime uscite trap, senza auto-tune, in barese. Mi sveglio, spalanco gli occhi, oddio che è stato? Il solito guappo, l’ometto stupido che
mi fa pensare a qualcuno, ma non riesco a inquadrarlo. A quel punto si chiude la porta del sonno e si spalanca il portone dell’ansia.
Riprendo il filo delle recriminazioni, tutte le umiliazioni subite dal ’79, ripeto la mia parte nelle conversazioni immaginarie che non ci sono mai state, ma se mi capita sotto questo e quello so già cosa
dire. Che poi non è vero, non dirò nulla, come sempre, anzi, aggiungerò altri punti alla lista delle cose brutte che mi sono successe. Ho subito, ho lasciato che mi umiliassero, un’altra volta.
Ho letto un libro sull’argomento, scritto da una terapeuta che fornisce una serie di strategie per combattere il problema. Quando abbiamo pensieri compulsivi che non ci fanno dormire
(letteralmente), possiamo visualizzare cartelli stradali di STOP e immaginare di bloccarli come fossero automobili nel traffico. Ho provato questo esercizio e cercato di visualizzare lo STOP ma
subito si è acceso da solo un triangolo con il punto esclamativo nel mezzo, è un segnale di pericolo generico, certo, dice attenta ai pensieri ossessivi. A me sembra più una clava, immagino di
impugnarla, bella, liscia, comoda, leggera, sarà di legno? La spacco sulla testa della vicina del piano di sotto, che si lamenta delle foglie che cadono dal mio balcone. Qualche vasetto con un po’ di
piantine, timide, riservate, appena appena mi trasmettono un minimo di calore e allegria. E sì, signora! È autunno. Cadono le foglie. Vada a urlare contro il Signore Onnipotente e la smetta di rompere le palle a me.
Ma capisco di aver preso la traversa sbagliata, scusi signore, dove sta il segnale di STOP? È quello vicino a un altro triangolo, dentro c’è un disegnato uomo, sembra maneggiare un badile su un cumulo di
robaccia della quale vuole sbarazzarsi. Chiaramente spala merda, e non perderò tempo a visualizzare metafore, perché in realtà questo individuo sta letteralmente scrostando dall’asfalto cacca di cane. La
signora che abita in fondo alla strada porta i suoi cagnofigli a cagare sul marciapiede, davanti al portone di casa di quel pover’uomo, capite? Raccogliere le deiezioni dei suoi bambini non le è permesso
dal codice deontologico delle mammecani e dunque, l’omino del cartello deve spalare montagne di defecazioni come fosse un Tamagotchi. Uh, che coincidenza, anche io mi ritrovo i pensierini di
cagnofigli davanti al portone del condominio.
Andiamo a cercare quel maledetto segnale di STOP.
Mi fermo un attimo davanti a un cartello rotondo con il numero 80 scritto dentro. Sono gli anni della mia dirimpettaia, che a dire il vero è una signora splendida, potrei quasi andare oltre, se non fosse che
quella cara donna non ha avuto il buonsenso di astenersi dall’avere figli e così mi ritrovo ogni anno, tra natale e capodanno, a sorbirmi musica da veglione a volumi strazianti, nel mezzo delle celebrazioni
del carnevale di Rio. I figli della mia vicina tornano al nido per passare le feste con nipoti, zii collaterali, cugini che parlano lingue straniere, tutto il popolo eletto recuperato dalla diaspora, passanti,
manciate di umarelli raccattati dai cantieri abbandonati, i fuoriusciti dal PD. Resosi conto del chiasso veramente eccessivo che emettono, un nipote acquisito mi manda un sms per augurarmi
buone feste, tante cose belle, a te e famiglia e perdonaci se forse stiamo facendo un po’ di baccano. Si scusa. E continua. È novembre e mi accorgo che devo cominciare a tremare perché ci siamo quasi, i barbari sono già in viaggio, seguono la stella cometa che sta per parcheggiare proprio sul tetto del mio condominio.
Dove diavolo è il segnale di STOP?
Continuo ad allenarmi sul metodo proposto dal libro, intanto scartabello un po’ di siti di informazione medica e trovo una parola che mi conquista immediatamente: letargia. Ha una musicalità, una
dolcezza, un suono così seducente. La voglio. Com’è fatta la letargia, dove nasce, come faccio a raggiungerla? Leggo le caratteristiche:
Rilassamento completo del tono muscolare;
Rallentamento delle funzioni psichiche.
Assenza o dalla minima capacità di reazione agli stimoli;
Se risvegliato, il paziente tende a riaddormentarsi subito dopo.
Nei casi più gravi, la letargia può evolvere in uno stato comatoso.
Ma è delizioso!
Le funzioni psichiche rallentano, e io smetto di pensare ai figli smerdatori delle mammecani, ai problemi, alla gente dalla quale non posso scappare ma che desidero evitare, dimenticare perfino. Quella
veglia fugace seguita da un rapido ri-addormentamento, che meraviglia. Uno stato comatoso, la forma più pura e profonda di sonno, magari senza sogni. La voglio. Come si ottiene?
Leggo le cause. Scarto tutto ciò che ha a che fare col diabete, sono salutista, mi alimento con criterio e ho una glicemia invidiabile.
Stesso discorso per le varie forme di epatite, bevo in maniera ragionevole, non eccedo perché svegliarsi col mal di testa da sbronza è terribile, stupido e toglie ore di lucidità alle attività che mi piace svolgere.
Apnee notturne? Ma quelle le hai se dormi, santo cielo.
Colera e febbre emorragica, interessanti, me le segno.
Legionellosi, leptospirosi, toxoplasmosi no, mangio bene e lavo tutto, è più forte di me.
La lista è lunga ma non trovo nulla che faccia al caso mio.
La febbre gialla e la malaria mi intrigano ma non mi convincono pienamente.

©Ale Ortica

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