Asereje

Stavo usando Facebook alla ricerca di un consiglio sulla scelta di un buon consulente tecnico. Quel social era abbastanza inutile per me, non postavo mai foto private e non avevo storie che potessero
interessare ai miei contatti, tutti sconosciuti che condividevano con me solo la professione, quindi erano davvero utili in questi casi. Mi sembrava il rapporto più onesto e decente che si potesse intrattenere su un social, mi faceva sentire giusta.
La home per me era un territorio accidentato fatto di pubblicità inopportune di prodotti simili a ciò che avevo già acquistato, che poi se quella cosa ce l’ho già ed è per questo che me la proponi, perché dovrei ancora essere alla ricerca di quell’articolo? Voglio dire, se acquisto in notevole anticipo una bara e organizzo tempestivamente il mio funerale, che senso ha poi propormi continuamente annunci e offerte di altre agenzie funebri? Mi faccio a pezzi e mi faccio sotterrare in giro magari, sorprendi i tuoi parenti con il gioco post mortem “prova a prendermi”, una caccia al tesoro entusiasmante che divertirà grandi e piccini, garantisce Mike!
Come chi è Mike? Ah, già. Non funziona più come una volta, perché pure lui ha usufruito dei medesimi servizi di cui sopra e forse il piccolo Leolino, che ormai avrà l’età della pancetta e del Prosta-mo’ ancora riceverà offertissime last minute di pompe funebri all-inclusive, non se ne esce. Comunque il fatto è che la frase se lo dice Mike io ci credo non funziona più da chissà quanti anni e io invece ancora mi fiderei, sono fatta così. Avrei tanta voglia di infilarmi nell’ufficio di Simonetta Ravizza e rivendicare il mio diritto a uno
sconto in quanto mi manda Mike. Lei sì, mi capirebbe, ricorderebbe un passato glorioso fatto di televendite, pubblicità ingannevoli e sponsorizzazioni di bei programmi per famiglie. Mi offrirebbe un bicchiere di vino pregiato, oppure un prosecchino, dipende dall’orario, mi racconterebbe particolari inediti legati a quella collaborazione, rideremmo tanto, le consiglierei di scrivere un libro,
oggi tutti scrivono libri, e poi scherzando, ma neanche tanto, ci proverei: allora? Quello sconticino? E no signora cara, abbiamo interrotto quella promozione il giorno del decesso di Mike, lei capisce, come farebbe da morto a mandarvi da me? Peccato perché avrei ancora in magazzino un volpino rosso con la faccia da topo, aromatizzato naftalina, che starebbe un amore col suo incarnato. E allora niente, non ci voglio neanche provare, voglio che resti un sogno bellissimo, come sposare Simon Le Bon, come Candy Candy che impalma Terence e chiede a Iriza di farle da testimone, come George Michael etero e innamorato di me.
Quel giorno mi passò davanti il post sponsorizzato di una fantastica festa sulla spiaggia con un super ospite, il Dj Franceschino di Radio JJ. È ancora vivo, ho pensato, che cosa carina e poi sono precipitata
letteralmente dentro quell’immagine.
Ero giovanissima, quindicenne direi e prendevo l’autobus per andare a scuola. C’era sempre qualche disagiato che distribuiva i biglietti omaggio per la discoteca, inviti graficamente splendidi e pieni di immaginazione, tanto che cominciai a collezionarli: persone con teste di animali, riferimenti a cose selvagge, dell’altro mondo proprio, ragazze immagine con residenza nell’olimpo, vicine di casa
di Pollon direi e naturalmente entravi gratis, ma proprio gratis, capite? Consumazione obbligatoria, spiacente acqua non ne abbiamo, pure lo scarico del cesso funziona a vodka, prego accomodatevi, vi mando subito il nostro spacciatore col listino delle canne. E le frasi promozionali, i nomi delle feste, io li trovavo geniali, li studiavo con entusiasmo, mi chiedevo che faccia avesse il nerdone che li aveva concepiti e quanto venisse pagato per realizzare quei piccoli gioielli che apprezzavo con enorme ammirazione. Da grande avrei voluto fare la pubblicitaria.
Nel post della festa tutto urlava 1990 e passa, epoca nella quale il dj in questione era la stella di una grande radio molto in voga tra noi teen, uno che vedevi in tv e si fidanzava con presentatrici, modelle e calciatori, tutto genio, sregolatezza e consolle. L’immagine della pubblicità di per sé era estremamente sobria, non come quelle stupendamente pacchiane che collezionavo io, ma piuttosto minimale, con delle figure geometriche che gli spuntavano dietro le spalle, o mio Dio, sembravano orecchie, no dai! Poi delle foglie con alcune bacche, cioè era Franceschino che spuntava da un cespuglio di frasche. Come idea eravamo ben lontani da quei biglietti in cartoncino pesante che poi a scuola i compagni scarabocchiavano con qualche frase sagace e poi firmavano. Questo è uguale al prof, la prof vorrebbe proprio essere così, questa me la sposo, questo con la testa da porco è uguale a un mio ex. Ricordi. Tutti dentro quell’immagine, un po’ raffazzonata direi, col dj che ammicca senza crederci più di tanto, forse adesso non riesce neanche più a pagarsi le bollette.
Ad aprire la serata tre dj d’appoggio e un vocalist, come i grandi concerti che venivano aperti da artisti emergenti i quali poi magari diventavano famosissimi, ma nel caso specifico, mi chiedevo, era
ancora possibile diventare famoso in questo campo? E poi dove volevano andare con quei nomi? Dj Valentina, Martin Frank Luis e Robin Lazy Boy che al limite sarebbe stato carino se fosse stato
Robin di Locksley, avrei apprezzato la citazione. In fin dei conti, mi chiedevo, il personaggione che per me fu un importante esponente della musica e dell’intrattenimento, oggi, chi lo conosceva più tra i
giovani? Franceschino mi guardava da quel post con la faccia stanca, capelli cotonati, sul rossiccio, mi faceva pensare a quando vedevo
Maurizio Vandelli in una di quelle trasmissioni per nostalgici dell’età di mia mamma, lei sognante che ricordava i testi e cantava, mentre io non riuscivo a immaginarla giovane e invidiosa di un angelo blu.
Però volevo crederci fino in fondo e ho cliccato sulla pagina che promuoveva l’evento sperando in una location pazzesca, quella che una volta ti saresti aspettato a Riccione, città interamente creata con
le creme solari dei ragazzi che la infestavano in cerca di avventurette sentimentali, locali notturni che non sarebbero stati in grado di ricordare il mattino dopo e gran mal di testa da spurgare in mare.

In realtà si trattava di uno stabilimento balneare sulla costa adriatica, mai sentito prima ma con tanta fiducia in sé, era chiaro.
Uno dei primi post che ho trovato era un reel promozionale che raccontava per immagini tutte le delizie offerte dall’azienda e lì ho ricominciato a sognare.
Tavoli apparecchiati da gran soirée, tovaglioli preparati con grande fantasia, forme geometriche accattivanti ricostruite da mani esperte di artigiani del tovagliolo, candele che fanno ambient all’interno di
vasi di vetro a forma di “damigiana de nonno”, posate in quantità per distrarre e confondere il cliente affinché questo non si chieda se sono state messe nell’ordine che l’etichetta impone e lo facciano
sentire ignorante come la merda. All’improvviso scatta la stupideira e comincia l’intrattenimento tra le acclamazioni del pubblico mangiante. Entrano ballerine s-vestite da uomo, con bacchette in
mano ruotate magistralmente tra una bottiglia d’acqua e un antipasto di cozze, ciao Liza Minnelli, che bello Cabaret!
Avevo l’audio silenziato ma non potevo più frenare quell’emozione e allora lasciatemi gridare,
I’ll make a brand new start of it
In old New York
If I can make it there, I’ll make it anywhere
It’s up to you, New York, New York…

E poi si tornava in Italia con le ragazze Cin Cin, ricoprimi di baci, assaggia e poi mi dici… cioè, immaginai fossero le ballerine di “Colpo grosso”, altrimenti erano solo clienti che avevano deciso di
sfoggiare un look basico, mutanda e stelline sul capezzolo, il dress code delle serate a tema può riservare sorprese interessanti.
Zoom sui dettagli della location, le stelline Ikea su tendine di lino ed ecco l’entrata di un gruppo di drag queen con ventagli e piume di struzzo enormi, mio Dio, Il Vizietto, dov’è Tognazzi? Dettaglio del
viso di alcuni clienti che incuranti dell’irrefrenabile entusiasmo degli intrattenitori parlano fitto fitto, coi visi sopra le candele, c’è una tipa che sta per ritrovarsi le sopracciglia attorcigliate, si sorridono, lui le ha detto qualcosa di divertentissimo, forse avrà imitato Jerry Calà nell’intramontabile “capittooo?”, i visi si avvicinano e la luce che sale dal tavolo li rende vagamente inquietanti, ma che ci importa, è
un’immagine suggestiva, evoca amore e complicità. Dettaglio dei piatti succulenti che vengono distribuiti ai tavoli, due ravioli (non per dire pochi, per dire due soli, piccoli ravioli, orfani, tristi e abbandonati in un grande piatto) con tre vongole smarrite e un rametto di prezzemolo che passava in cucina per caso.
E poi lei.
Cara, splendida ragazza con gli occhiali spessi e l’espressione di chi non si lascia mettere nell’angolo, chiaramente una cliente entusiasta che ha deciso di buttarsi nella mischia e fa ciò per cui sento
rinascere in me la voglia di vivere e divertirmi in un party da cartolina raccattato su un autobus per studenti. La telecamera si avvicina al suo viso orgoglioso, impegnato nell’atto di ricordare, di
ricostruire, di far bene.
Piccola nerdona occhialuta dei miei tempi, catapultata in una spiaggetta che da lì a poco ospiterà il grande intrattenimento musicale di un dj degli anni Novanta. Gloria e orgoglio dei occhi.
All’improvviso osa, lo sa fare e è intenzionata a mostrarlo a tutti.
Piega i gomiti, ruota le braccia con velocità e coordinazione, è pronta, sa che si ricorderà tutto, alza la mano destra e la avvicina al lato del viso e poi alza la sinistra e l’avvicina all’altro lato.
L’inquadratura si sposta, infame, ma io so che quella piccola nerd è riuscita a portare a termine tutta la coreografia delle Las Ketchup.

©Ale Ortica

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