Ho chiesto di te
Alto basso medio. Più alto di me. Meno alto di me. Più alto di mio padre di mio fratello di mio nonno, quasi come lui. Normale.
Intelligente, molto intelligente, un genio, non troppo, quasi come lui, come l’altro, quello del giorno prima, di due anni fa, della vita scorsa. Uno tra tanti.
Dalla camminata veloce, non troppo lenta, veloce come un treno, veloce come un cavallo che trotta, come una tartaruga, a dorso d’asino, a cavallo di un’idea. A passo d’uomo.
Insistente, cortese, non troppo insistente, molto cortese, non scivoloso, sinuoso ma non insinuante, allegro, diretto, non brutale. Portatore sano di idee.
Elegante, casual, casualmente non elegante, che non tramonta. All’alba. A ogni ora del giorno e della notte.
Sportivo, annoiato, sedentario, iperattivo, semovente, trasportato. Che si lascia portare. Da un pensiero, da una suggestione, da un odore. Dal ricordo di qualcosa che non sono io ma che a me lo portava.
Antipatico. Cordialmente antipatico ai miei, ai suoi, a tutti. Asociale, di compagnia. Compagnia bella. In bruttissima compagnia. Comunque compagno.
Mio, suo, di qualcuno. Nel profondo, da qualche parte, a galla, sulla superficie delle ninfee di Monet. Su spazio bianco circolare, in ellisse. Storto a tutto tondo.
Su un punto qualsiasi da cui possa cominciare una retta. Retto.
Rettangolo, diversamente bastardo. Non con me. Con nessuno. Era per dire. Originale.
Dimmi di te. Raccontami di noi. Gli piaceva ascoltare. Dove sei, dove sei andato, dove sei finito. Era così chiaro. Così limpido. Netto sul mio orizzonte e semplice. Qualcuno a cui tendere. Qualcosa di rassicurante.
E poi.
Non era normale. Correva per nascondersi. Non ha portato nessuna buona idea. Ha portato via le mie. Mi ha lasciata lontano. Non è stato di alcuna compagnia. Mai cedevole. Mai diritto. Mai diretto. Banale. E tendendo a lui mi sono perduta.
Ho chiesto a mio nipote, come si può chiamare il personaggio di una storia così. Mi ha detto il Mangiasogni.
Questo è un amore di merda difficilissimo