La logica della Serpe
Dicono che quel giorno le urla e i singhiozzi si sentissero anche al primo piano e che perfino qualche ginnasiale avesse alzato la testa dalla versione di greco, per cercare di capire che cosa stesse succedendo.
Al piano superiore Claudia Ferretti stava supplicando Giorgio Papa di andarsene, ma quello niente.
«Torna in classe, Claudia, per piacere…» e si capiva già da lì che lui era innamorato pazzo. Lei no, per niente. Lui sì, altrimenti che ci stava a fare dentro il bagno delle femmine, con il rischio di prendersi una nota?
Che poi non gliel’avrebbero data, neanche se lo beccavano lì, questo no, non al figlio del primario di cardiologia. Padrone di mezza Grosseto e amico di tutti quelli che contavano. E poi chiunque poteva aver bisogno di quel luminare, per la madre anziana o per se stesso.
«Claudia, guarda che così ti mette impreparato, guarda che è peggio di quattro.»
Le bidelle che passavano facevano finta di non vedere e di non sentire e anche il preside si era rinchiuso nella sua stanza a rileggere una traduzione degli Annales che gli piaceva particolarmente.
Dicono che Saralaserpe ci abbia messo tre minuti a scrivere sul libro marrone il profilo di Claudia Ferretti dopo quell’ennesimo insuccesso. Immatura. Illogica. Impreparata. Solo un pizzico di pudore le aveva impedito di scrivere anche “imbecille”, e completare così il ciclo vitale di quella “i”, vocale da strillo.
Dio solo sa quanto in quel momento le mancasse il fumo, a Saralaserpe che aveva deciso di togliersi di torno pure quel vizio, conservando in borsa cartine e tabacco quale prova della propria volontà superiore.
Il rientro in aula di Giorgio strappò alla prof. un sorrisetto di commiserazione. Il mondo era ingiusto ma lei era lì per rimettere le cose a posto. Tranquilli. I migliori erano destinati alle chiavi della città. Casualmente in logica successione con i loro fratelli, i padri e i nonni. Tutti ex liceali, naturalmente.
La Ferretti era figlia di un postino. Non era bella, né studiosa, né particolarmente portata per la filosofia. Niente chiavi.
Saralaserpe fece finta di niente e Claudia riuscì a rimettersi seduta senza suscitare commenti.
Il fondo in terza b venne toccato prima di Natale, in occasione del “ripassino” che la prof offriva ogni anno ai maturandi. Un cross di un paio d’ore in mezzo a tutti e tre gli anni di filosofia, con puntatine al programma ancora da fare: un viaggio nel futuro che, nella migliore delle ipotesi, causava il vomito ai viaggiatori. Infatti c’era già qualche disperso.
Mancava Anna. La sua mamma aveva già avvisato Saralaserpe, con cui intratteneva rapporti cordiali. “Non le piace Hegel, poverina”. E così sia. Anna era palindroma e il suo nome suonava perciò benissimo nella bocca cavernosa e piena di misteri di Saralaserpe. Perché solo i migliori avevano un nome. Gli altri solo un cognome.
Claudia si prese la domanda impossibile, come al solito, e chinò la testa. Socrate. Socrate di merda che erano tre anni che non ne parlavano più. La logica contro il senso comune … «Fammi un esempio socratico, Ferretti.» Questo le aveva chiesto la stronza, e lei lo sapeva come rispondere, lo sapeva davvero, doveva solo raccogliere le idee ma lo avrebbe detto senz’altro. Se dopo 42 secondi esatti Giorgio non avesse ricevuto da Saralaserpe l’ordine di rispondere. Sembrava avesse rubato la risposta dalla testa di Claudia. Lei pensò proprio questo, lui gliel’aveva rubata. Non capiva che forse era successo perché Giorgio la amava a tal punto da riuscire ad aspirarle via i pensieri dal cervello. Può succedere. Ma lei lo odiava. Lei lo voleva ammazzare e basta. Brutto secchione bastardo.
Qualcuno dice che fu verso Pasqua quando Saralaserpe si accorse che era cambiato qualcosa. Piccoli indizi, trascurabili solo all’inizio. La Ferretti aveva coordinato per due giorni di seguito l’elastico dei capelli con il colore del maglione. Aveva messo perfino i collant in tinta con il resto. Pareva più grande. Più bella. Così sicura di sé. Attraverso gli occhiali spessi li vide ridere, lei e Giorgio, già complici. Ci mise un attimo a immaginare l’inizio del declino. Amori scolastici, pensò, così tenaci e senza senso, matrimoni misti che avrebbero livellato il rendimento delle generazioni future verso il basso. Sempre più in basso.
La fine delle differenze, che tristezza.
Non poteva sapere che Giorgio alla fine ce l’aveva fatta. Dopo dieci telefonate, Claudia un giorno gli aveva aperto la porta di casa e lui le aveva reso i pensieri che le aveva rubato, moltiplicati per dieci per cento e per mille. Avevano studiato insieme per mesi. Alla fine era diventata brava Claudia Ferretti, in filosofia. Brava davvero.
Il dieci maggio durante la ricreazione Giorgio e Claudia resero tutto più chiaro scambiandosi un bacio.
Dicono che Saralaserpe in quell’occasione abbia avuto la tentazione di rimettersi a fumare. Aveva stretto forte a sé la bustina con il tabacco e le cartine, sognando di rollare una sigaretta ancora.
Poi quel patetico bisogno l’aveva fatta inorridire.
A quel punto si era incazzata di brutto. Alla fine dell’ora successiva era corsa in sala insegnanti con il cuore in gola. Aveva aperto con la mano un po’ tremante il registro marrone, quello analitico. Aveva respirato profondamente facendo il conto delle interrogazioni negative e poi aveva sospirato di sollievo, perché quella brutta oca della Ferretti in pratica era già respinta.
Sembrava che quell’anno dovesse andare tutto storto. Un bel 1984 di merda per davvero. Quella di filosofia non sapeva neanche se avrebbe fatto il membro interno. Prima aveva detto di sì. Ma aveva cambiato idea subito dopo e aveva detto di no. Non erano preparati, una classe come quella per lei era una vergogna, altro che fare il membro interno. Poi, misteriosamente, Saralaserpe aveva cambiato idea e aveva definitivamente detto di sì.
Era stato dopo l’interrogazione della Ferretti. Era andata volontaria. Nessuno andava volontario con Saralaserpe. Lei sì. Aveva alzato la mano e lo aveva detto proprio: «Vengo volontaria.»
Chi poteva sapere quante volte i pensieri di Giorgio erano trasmigrati nella testa di Claudia e quelli di lei nella sua, mentre ridevano, studiavano, scherzavano, leggevano racconti e facevano puzzette autorizzati da Montaigne che le aveva sdoganate per loro ormai da qualche secolo?
L’interrogazione di Claudia era stata perfetta. Una domanda dopo l’altra, un filosofo dopo l’altro, avanti e indietro nel programma. Mai un errore. Giorgio la guardava, pareva soddisfatto ma un po’ triste. Forse era stanco. Alla fine avevano festeggiato tutti insieme con un applauso e pareva contenta anche Saralaserpe.
Fu in quel momento che aveva annunciato di aver cambiato idea. «D’accordo, faccio io da membro interno.»
Giorgio l’aveva guardata in modo diverso dal solito. Pareva che la vedesse per la prima volta e che la volesse imprimere bene nella memoria. Anche lei lo aveva guardato, il suo prediletto. Era stata l’insegnante di suo padre, dei suoi due fratelli. Ma era lui il migliore, brillante e severo, con se stesso prima che con gli altri. Coerente.
Lui le aveva offerto una sigaretta, sempre con quel sorriso mesto, e lei non aveva potuto rifiutare. Si sentiva felice ed eccitata, Saralaserpe.
Quel pomeriggio avrebbe fatto in modo che Claudia Ferretti non venisse ammessa agli esami, vista la serie spaventosa di insufficienze che una sola interrogazione non aveva certo potuto rimediare. Ne aveva già parlato al telefono con i genitori dei migliori della classe, nei giorni precedenti, ed erano tutti d’accordo. Solo il merito doveva essere premiato.
Dicono che Saralaserpe sia morta quasi subito, in sala insegnanti. Parevano tutti stupiti. Tutti inorriditi. Nessuno aveva il coraggio di toccarla.
Giorgio dalla porta la osservava con la stessa espressione triste che aveva in classe, quella che gli si era messa in faccia due giorni prima, quando aveva sentito sua madre e Saralaserpe mercanteggiare al telefono le bocciature di alcuni compagni di classe, tra cui Claudia.
Ce l’aveva anche mentre coglieva la cicuta e poi quando preparava piangendo la sigaretta che avrebbe ammazzato la serpe, con coerenza, per legge di contrappasso e con logica socratica.
©Roberta Lepri, 2015