Alla maniera di Dio
di Katia Colica
Camminavano; col freddo che faceva, poi. Le porte delle case di cartone non volevano aprirsi: non c’è posto, gli dicevano. Li pensavo malfermi nel loro essere statuine, le gambe di gesso affondate nella neve spray: lui stava sotto un cielo di cartone decorato a forza di stelle d’oro, aveva un bastone, pareva stanco e atterrito da quel re che voleva ammazzargli il figlio, il suo e quello di mille altri.
Lei era bella e affranta, il pugno dalle dita sottili a tenerle il velo chiuso, gli occhi che sapevano già tutto quanto e altro ancora.
Il bambino nudo e intirizzito affondato nella mangiatoia di già non era il mio Dio, non ci credevo; tuttavia mi donava una speranza inutile, illogica e sconsiderata.
Da grande li ho rivisti su un ritaglio di giornale, identici, solo un po’ più sgomenti. Un presepio di anime in cantilena gettate per il mondo a patire la fame, il freddo; buttate così, come si possono buttare via certe manciate di grano cattivo, le briciole dalla tovaglia.
D’istinto ho chiuso gli occhi e ho rivisto quel male totale ed eterno, gli effetti feroci di un Erode che annienta, massacra e che torna ogni volta che può.
Così ho immaginato la nostra umanità indurita, piegata, dentro un mondo in cui – per un giorno soltanto dell’anno – tutti i suoi figli infreddoliti alla maniera di Dio, come per miracolo, sparpagliano quella speranza inutile, illogica e sconsiderata che, però, ci salva da sempre.
Che ci salverà.
© Katia Colica, 2020