BLACK HOLE
Mio nonno era un genio e questo lo sapevano tutti.
Fin da quando ero piccola ha sempre risposto alle mie domande, anche quando stavo zitta. Pareva leggere nella mia mente il quesito e aveva già la risposta pronta, ma in un modo tutto suo: risolveva il problema senza bisogno di parole. Gli bastava un click sul computer. Questa però è solo una parte della mia storia.
Cercate di tenerla a mente.
Sono una donna innamorata, felice e ricambiata: questo da solo dovrebbe risolvere quasi tutti i miei problemi. Il mio uomo è meraviglioso, simpatico, intelligente, affabile, premuroso, colto. Credo davvero che la maggioranza del genere umano darebbe qualsiasi cosa per ritrovarsi nella mia situazione.
Il mio uomo ha ottanta anni e io poco meno di lui: siamo vecchi. Credo davvero che questo, alla maggior parte del genere umano, provocherebbe invece molto fastidio.
Ci siamo innamorati; come e perché non riusciamo più a ricordarcelo. Mi pare per via di un foglietto pubblicitario che invitava a visitare un negozio. Ridendo diciamo che è per via dell’Alzheimer, non riusciamo più a tenere a mente nemmeno gli avvenimenti importanti ma secondo me non è questo. Siamo concentrati a restare vivi e cerchiamo di non sprecare tempo con i ricordi, nemmeno con quelli molto recenti.
Peter non capisce il mio stato d’animo, non comprende la mia amarezza. Ho tanti rimpianti. Il dispiacere per quello che non ho vissuto con lui mi scava dentro, non so che farci. Gli chiedo dove si trovava quando aveva venti anni, mi risponde Guerra del Golfo. Gli chiedo della prima moglie e poi dell’altra. Come erano insieme, quello che dicevano. E i figli. Il maggiore, il secondo. I gemelli. I bambini sono la mia passione, la mia fissazione. Non ne ho avuti e mi pesa. Io chiedo, chiedo. In realtà non vorrei sapere. Le mie domande non meritano parole in cambio, fanno male, e le risposte non dovrebbero avere suono. Il silenzio basta e avanza.
Lui quando vuole essere carino mi dice che non ricorda, però io vedo che il suo occhio destro diventa triste. Lo sanno tutti che dentro l’occhio destro vive la voglia di giovinezza. Non c’è rimedio per questo tipo di malinconia. Noi non abbiamo più tempo.
Così stasera mi sono ricordata che mio nonno prima di morire mi aveva lasciato una bottiglia di vino e mi aveva detto di aprirla quando si fosse presentato un problema senza soluzione. La vecchiaia è proprio questo. Ho aspettato che Peter uscisse e l’ho stappata, era un rosso molto forte. Mi sono sentita strana, ho avuto bisogno di sdraiarmi e mi sono addormentata.
Al risveglio avevo cinquanta anni in meno.
Quante cose avrei potuto inventare e scoprire! Ma io volevo solo una cosa, ed era ritrovare Peter. Sapevo dove abitava, i miei interrogatori erano stati minuziosi. Lui adesso aveva quarantacinque anni, si era appena lasciato con la prima moglie e viveva nella mia stessa città, a pochi isolati di distanza. La mattina usciva alle nove per recarsi nel suo ufficio di commercio al dettaglio di mangimi. Lì lo avrebbe accolto Dora, una segretaria smorfiosa con cui avrebbe avuto una relazione di solo sesso tra la prima e la seconda moglie.
Mi ero guardata nello specchio. Ero molto carina. Mi ero precipitata da lui. Non sapevo cosa gli avrei detto, non avevo preparato un discorso.
Lo avevo bloccato davanti alla sua auto.
“Sono Lucy, la tua Lucy. Sono qui dal futuro, non so come, sarà stato il vino di mio nonno. Diceva che avrebbe dato una risposta alla mia domanda senza speranza, ed eccomi qui. Siamo ancora in tempo, amore mio. Non dobbiamo aspettare di diventare vecchi!”.
Peter aveva inarcato il sopracciglio, come fa quando vede una cosa sbagliata. La cosa sbagliata non era una cosa ma ero io.
Non aveva detto una parola. A quel punto, dalla porta di casa era uscita Ingrid, che sarebbe diventata la seconda moglie.
Lui mi aveva sorriso con la stessa espressione triste di quando gli chiedo della giovinezza. Prima di andarsene però aveva scritto su un foglietto pubblicitario una data e un orario.
Al mio risveglio ero guarita da qualsiasi malinconia.
Peter mi aveva aspettato per quaranta anni e aveva mantenuto fede all’impegno che aveva preso con me, venendo all’appuntamento che mi aveva dato.
Il momento giusto è adesso, e questa è la risposta alla mia domanda senza soluzione.
Mio nonno era Stephen Hawking. Il vino si chiama Black Hole.
© Roberta Lepri, 2018