LA STRADA PER CASA
Nel lungo viaggio verso casa incontriamo persone diverse: rapporti umani che possono farsi intensi o rimanere in superficie, a galleggiare come chiazze d’olio.
Oppure possiamo sbagliare completamente le nostre coordinate, sottovalutare presenze significative e dare importanza a fuochi fatui.
Se non sappiamo bene come stare in noi stessi e incontriamo chi ci sta ancora peggio, il conflitto è assicurato.
Irrisoluzione personale più irrisoluzione personale diventa un tutt’uno, una grossa palla di neve che prende a scivolare piano lungo il ripido pendio di una comunicazione frammentata, difficile, ostile.
La buona volontà, se c’è, non va mai di pari passo con quella dell’altro; sono piccoli avamposti che avanzano facendone uno a testa, mai nello stesso momento, in uno strano ballo di passetti avanti che inevitabilmente coincidono con quelli indietro dell’altro. Per cui, quando la valanga si abbatte alle falde del pendio, travolge gli improvvisati ballerini della comunicazione a fasi alterne.
Non si muore mai.
Mai una volta che qualcuno sia morto, per queste valanghe di parole sbagliate, di tradimenti, di offese nascoste dietro sorrisi sibilanti cattiverie.
Non si muore, per tutto questo. Non fisicamente.
Pian piano si emerge dal freddo acuto che stiletta il cuore, ci si rialza a fatica, ci si scrolla di dosso qualcosa che è sempre in eccesso e si riprende la marcia, all’inizio disorientati, poi un po’ più sicuri di aver fatto bene, a cambiare direzione.
Le bussole non servono, nemmeno quelle dei cellulari più sofisticati.
Ci si deve fidare solo di se stessi, delle proprie percezioni, e rimettersi alla ricerca della propria casa.
Quella giusta, anche se è vuota e piena di polvere e ragnatele.
Per rimetterla in sesto ci sarà tempo.
© Nicoletta Erre, 2016