C’mon, c’mon, c’mon, c’mon now
Jim Morrison
STANZA 32 MOTEL CIENIEGA
Sembra di entrare in una chiesa.
Fabrizio lo dice convinto mentre entriamo nella stanza 32 dell’Alta Cienega Motel.
A me, che son donna pragmatica e jazzara, pare una topaia epocale.
A lui, che adora Jim Morrison, pare una cattedrale.
Siamo in viaggio da quasi tre settimane: siamo partiti da New York e da Chicago in poi è stata Route66, in un viaggio spesso a ritroso nel ventre degli Stati Uniti, fra paesaggi mozzafiato e caffè persi in mezzo al deserto.
Me ne fossi stata zitta, questa sera avrei dormito in una camera con letto matrimoniale doppio e aria climatizzata, ma son tenera di cuore e gli ho fatto sapere che a Los Angeles esiste ancora la camera di motel dove Jim ha vissuto per un paio d’anni, quando registrava in uno studio poco distante da qui.
Saperlo e decidere di dormirci è stata la stessa cosa e dunque ci ritroviamo in questa camera dove un climatizzatore asmatico sputa aria tiepida e dove la pulizia della moquette non è esattamente la prima cosa che salta all’occhio.
Ci guardiamo attorno e davvero non sappiamo dove posare lo sguardo: ogni centimetro della stanza, dei mobili, degli arredi, è completamente ricoperto di scritte e disegni lasciati a Jim dai suoi fans.
È un diario in divenire, un murales psichedelico, un atto di amore verso il mito.
Dieci minuti e Fabrizio scompare per riapparire con dei pennarelli in mano.
E così, i vestiti sparpagliati sul letto e il sudore che appiccica la pelle, lasciamo sui muri il nostro tributo al re Lucertola.
© Viviana Gabrini, 2016
Grandi momenTi