Rewind
Vieni, mio caro. Certo, ora provi ad alzarmi, cosa vuoi che sia. Solo un passo indietro, io che entro dalla porta e tu che guardi la televisione. Non ti dico che è tardi e speravo avessi preparato qualcosa. Non mi dici che ti sei rotto il cazzo di me e del mio lavoro. Sono partita da casa lieve, la mattina prima e quella prima ancora. Non ho dormito male perché sei rientrato tardi, o perché sei uscito con gli amici, sei andato a giocare a qualcosa o dovevi vedere qualcuno. Tornando indietro a quando dormivamo bene, magari nel sonno mi abbracciavi e diventavi un cucchiaio. E io il tuo boccone. Ora mi alzo, certo. Non urlare. Ma prima torniamo a un anno fa, due anni fa, tre anni prima. Al ristorante dove c’erano tutti e ballavamo felici e mi sussurravi nell’orecchio che mi avresti presa senza togliermi il vestito bianco, quella sera. O ancora prima, quando pescavamo, andavamo al cinema, vedevamo amici. Una vita normale, insomma. Guarda: siamo noi due davanti alla piscina, la sera che ci siamo conosciuti. Il nastro è alla fine. Provo ad alzarmi, smettila di urlare. Non serve chiamare la polizia. L’ambulanza forse tra poco arriverà ma, in ogni caso, non può fare più niente. L’ultimo mio minuto di vita l’ho usato per fare rewind.
© Roberta Lepri, 2016