Moscerini mannari

Cosa stai pensando? Ti chiede una scritta, simpatica, rassicurante, amichevole. Vuole sapere cosa ti passa per la testa in questo momento, si interessa a te, sei importante per quello script. Ti andrebbe di scrivere qualcosa di intimo, di raccontare a “Cosa stai pensando” una tua preoccupazione o di andare a cercare tra i pensieri recenti, ci sarà pure un’afflizione interessante da illustrare.
Al momento sto bene, ricordo di aver avuto pensieri tristi recentemente, avrei quasi voglia di parlarne e di ricevere consigli e impressioni ma poi rinsavisco e mi ricordo che quella stringa parla in modo confidenziale con tutti, è bugiarda, non le importa davvero di me, anzi, mi tende una trappola. Vuole mettermi a mio agio, farmi abbassare le difese e indurmi a spogliarmi da ogni pudore e
timore di incontrare le attenzioni sbagliate. Mi dice “dimmi tutto, sono qui in attesa di conoscere le profondità del tuo bellissimo animo, vedere la luce dei tuoi profondi pensieri”, e io sono conquistata da tanta tenerezza. Sto pensando che sono preoccupata, lo scenario internazionale, le armi, la guerra, il ponte sullo stretto, le parole che non ho mai detto, volevo camminare, guardare le stelle
nel mare, ma non lo scriverò perché non voglio esporre le mie carni emotive, sono saggia. Cincischio coi pensieri, mi distraggo, leggo notizie risibili, partecipo a sondaggi ignobili, che cane ti senti stamattina? Dico, Cujo, vagamente idrofobica, mi sono alzata con un mal di testa etilico senza speranza a prova di analgesico. Hey hey hey, lo sapevi che la primavera sta arrivando? L’estate arriva in un attimo, prenota il tuo viaggio di natale, c’è posto solo per Capodanno. Siamo a marzo santiddio, ho freddo e l’algoritmo non lo sa perché non ne scrivo mai, così, in questo Duemila cento e una manciata, cammino per strada e visualizzo solo pubblicità di nuove collezioni di abitini in cotone “fresco sudore” e costumi da bagno
tatuabili. Scrollo con le mani, sembra di passare in mezzo a uno sciame di zanzare, ma siamo a marzo e fa freddo. Saluto una donna che mi fa segno dall’altro lato della strada, non la conosco, pure lei
sta scrollando le sue immagini, tutta stretta dentro un soprabito enorme che sembra la stia divorando. Perché è marzo e fa freddo.
Mi convinco che se penso ripetutamente un concetto, quello passerà per osmosi dentro la mia visiera high-tech e istruirà il server sui miei gusti e gli sponsor adatti a me. È un pensiero magico, del tutto
irrazionale, del resto sento il bisogno di abbandonarmi alla superstizione ogni tanto perché i libri scritti dall’intelligenza artificiale su misura per me non mi piacciono. Dovrei dedurre che ho un rapporto malato con me stessa, visto che l’editoria artificiale è un capo di alta sartoria, cucito sul mio corpo, eppure mi sta
scomodo. Le serie tv non le guardo, troppe interruzioni pubblicitarie e le mani mi fanno male a forza di scrollare. Vedo nuovamente quell’invito a esprimere me stessa “cosa stai pensando?”, non è poi così intelligente se non riesce a leggere nelle meningi sulle quali sono attaccate le ventose della visiera. Sogno il progresso, un futuro nel quale i monitor delle vetrine dei negozi mi proporranno capi caldi nei mesi freddi e costumi da bagno in quelli caldi, perché io a marzo ho freddo.
Non capisco come disattivare certi video che partono in automatico, l’audio a volumi spaventosi, ogni volta devo staccare le ventose dietro le orecchie e gesticolare come una matta, come quei due
ragazzi alla fermata. Guardando bene si stanno dando un sacco di sberle, che bello, un po’ di sana comunicazione, il contatto umano, mi commuovo.
Parte una compilation di gatti buffi, cammino col sorriso, lascio scorrere in automatico. Voglio leggere il nuovo libro scritto su misura per me? Manco morta, un altro polpettone lei ama lui ma lui non ama gli animali e il gatto di casa lo soffoca nel sonno, lei col tappetino davanti alla porta “mamma di gatto”. Mi viene proposto perché io ho tre gatti ma vorrei precisare che non siamo parenti.
Voglio libri veri, non profilati, scritti da esseri umani che ne sbattono le balle di rivolgersi al lettore tipo. Voglio essere sorpresa da virgole che non mi aspetto, Bukowski che ha deciso di non usare
le maiuscole, a volte non capisco ma mi piace e amo essere provocata e strapazzata e masticata e sputata dall’autore. Tutto purché mi si offra verità, odio i libri bugiardi.
Si dice “leggete! qualunque cosa, basta che leggiate”. Mi fa inorridire questa massima, antica come un I-Pad, forse anche di più. I libri bugiardi istupidiscono le persone. Lo scrivevo l’altro ieri sul Globo-Social e sono rimasta invischiata in un dramma corale di deprimente povertà mentale. C’ero cascata in pieno, quella stringa mi faceva l’occhietto e mi chiedeva “a cosa stai pensando?”, avevo appena
letto una discussione su un giornalista che non voglio mai più nominare (il famoso pensiero magico di cui sopra), per paura di essere profilata e posta in pasto ai fans psicopatici del personaggio.
Esprimo la mia opinione: l’autore ha scritto un libro bugiardo, furbamente adatto a chi non conosce la materia. Uno sciame di moscerini idrofobi si materializza sotto il mio commento per difendere il personaggio, che neanche hanno mai letto perché scrivono cose tipo “io non lo leggerei mai, però”, e allora mi chiedo: perché senti il bisogno di umiliarti scrivendo un commento inopportuno, in difesa di un autore che non leggeresti mai? Poi comprendo: il giornalista è stato un opinionista fisso in un talkshow
di saltimbanchi politicizzati, molto famoso e amato. Morì per un attacco di cuore e venne ricordato non per il lavoro di giornalista ma per il ruolo di giullare in quell’orrendo programma che gli aveva
dato una visibilità insperata. I moscerini mannari si addensano sotto il mio Globo-Post pensando di intimidirmi con i loro pizzichini sgrammaticati, imbracciano l’assenza di punteggiatura come un
fucile e mi sparano addosso parole storpie e sbrindellate, mi ingiungono di non parlare di un uomo che “non si può difendere” e di “lasciarlo riposare in pace”. Sì, effettivamente mi terrorizza un
mondo talmente imbastardito dall’uso dei social da non capire che è legittimo esprimere un parere negativo su un’opera e sull’autore.
No, quello non si può difendere. E io mica ho parlato di lui come persona, non ho scritto “è un manigoldo, ruba la merendina ai cagnolini”, ho parlato solo dei suoi libri. Ecco perché non si intavolano mai discussioni su Flaubert, Goethe, Dostoevskij, o Chopin, Beethoven, Debussy, i Rolling Stones, Édith Piaf… Perché sono morti e non possono ribattere, capito?
Tuttavia mi diverte Francovalda SpuntabluCertificata, che mi spiega cos’è la dignità, mi insegna a non dir male degli assenti (figurati dei defunti) e mi augura “ogni bene, però”. I però, nel gergo dei Globo-
Utenti, esprime l’esatto contrario rispetto alla frase: “ti auguro ogni bene, però” vuol dire “muori attraversando atroci sofferenze ma senza perdere troppo tempo ancora su questa Terra”, la
punteggiatura viene omessa financo nel pensiero stesso del maledicente. Ho cominciato a ripostare le sputacchiate dei moscerini mannari, correggendone errori grammaticali evidenti e punteggiatura, guarda sotto il divano che ti sono cadute le virgole, a chi si riferisce il verbo? Qual è il soggetto? Riformula. Torna a settembre. Gli Idrofobi mi gratificano con la loro cortese attenzione da quarantotto ore, mi bloccano e solo dopo rispondono ai miei commenti, in modo tale da impedirmi di leggerli. Sento lo scricchiolio sinistro delle loro articolazioni che si contorcono mentre cercano di inviarmi strali atomici e allo stesso tempo non vogliono che io possa leggerli perché temono le mie correzioni grammaticali, frollano contro le loro stesse contraddizioni.
Schiaffeggio l’aria, si apre il controllo chiamate, contatto Ninni.
«Eh, dimmi…» risponde con la consueta modalità casual «sei a spasso? Vedo le vetrine dietro di te.»
«Sì, sono in giro. Ho la visiera coperta di notifiche di gente pazza, ho paura che entrino dal monitor armati e mi sparino con un fucile caricato a congiuntivi sbagliati, ho disattivato la localizzazione.»
«Paranoica, quella serve solo a te, mica la vedono tutti.»
«Non si sa mai, metti che uno di questi conosca qualche trucco…»
«Tesoro, questi non sanno neanche parlare in italiano, la vedo
difficile.»
«Pensa che certi tontoloni sostengono che se critichi un autore defunto, questo non “riposa in pace”. La gente sta perdendo la ragione, non sto scherzando. Perché si rendono ridicoli per un Globo-Post su un libro? Ho scritto che è un’operazione furbetta rivolta a chi non capisce nulla dell’argomento, e allora?»
«Scherzi? Hai toccato un nervo scoperto, ti sei macchiata di lesa maestà, quello non è solo un personaggio pubblico” è stato “il malato pubblico” e poi “il morto pubblico”. I fans di quel programma televisivo sono poveracci con il cervello stuprato da ore di visione acritica, non hanno difese, hai presente la riabilitazione di Alex in Arancia meccanica? Quelli stanno disimparando a utilizzare il pollice opponibile, hanno mantenuto solo la funzione primaria della mano, lo scroll.»
«Ninni, che devastazione! Vorrei tornare indietro nel tempo, almeno di cent’anni. Quando servivano telefoni e orologi per collegarsi sulle piattaforme, un utente doveva impegnarsi per comunicare con gli
altri, non si stava tutti su unico pianeta interattivo, il Globo non era stato neanche immaginato. Mi sono fatta quest’idea: secondo me le persone sapevano ancora scrivere. No?»
«Tu dici, primi decenni del 2000? Ho scrollato un documentario ieri sera, aspetta che guardo nella cronologia della visiera. Eccolo. Punta la pupilla sul link che ti ho inviato.»

«Oh mio Dio!»

©Ale Ortica

Condividi: