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Questa è una richiesta d’aiuto. La lancio nel web e nello spazio, affinché una forma di vita intelligente la possa captare.
Io ho paura.
Sono cresciuta con un timore reverenziale nei confronti degli anziani, idealizzati come persone sagge. Cosa facevano questi grandi vecchi? Come sfruttavano quel diritto acquisito dopo decenni di faticoso invecchiamento, come Grappa in botti di rovere?
Uomini attempati seduti al tavolo del bar, partite a scopa e bestemmioni, risate a scoppio con scatarro finale, discorsi calcistici o politici, ma con attenzione a non sfiorare argomenti sconvenienti come “era meglio quando c’era Coso”. Magari lo pensavano, ma non lo dicevano ad alta voce.
Le donne erano caute, tenevano moltissimo a dare un’immagine decorosa di sé. Anche loro evitavano discorsi su Coso, e poi storpiavano il turpiloquio, si coprivano la bocca se proprio scappava una parola ritenuta indecente, tenevano all’immagine.
Le persone âgé ritenevano un obbligo morale non rinunciare alla ricchezza accumulata faticosamente negli anni, l’immagine rispettabile dovuta non allo status sociale ma al trascorrere degli anni: la vecchiaia era una livella, come la morte, tutti gli anziani erano saggi a modo loro.
Ricordo mia nonna spaventata quando assisteva a discussioni politiche tra i miei genitori. Ogni volta che si nominava Coso lei reagiva all’istante, siete pazzi? Non si dice, non si nomina Coso, e se vi sente qualcuno? Si guardava attorno alla ricerca di un pubblico ideale, pronto a fare la spia a qualche gerarca con gli stivaloni lucidi, ottuso e fanatico come tutti gli Stivaloni di Coso, che si sentivano importanti nelle loro divise nero-morte perché avevano il potere di fare del male agli altri.
«Mamma, stai tranquilla, sono passati tanti anni, nessuno viene a prenderti a casa per le tue opinioni politiche», diceva papà.
«Sì, lo dici tu», rispondeva nonna che si appellava al principio della massima cautela.
E c’erano tanti altri articoli di legge, Regolamento della Persona Dignitosa, ai sensi dell’articolo 3, comma 22, D.Lgs. n. 6/2c3m0, il più importante dei quali riguardava il rispetto per le persone autorevoli: scienziati, medici, presidenti della repubblica, Pippo Baudo. È vero, lo ha detto Pippo Baudo in Televisione e tutti muti.
A chi sarebbe mai venuto in mente di insultare Pertini? Magari scrivergli un telegramma “Farabutto Sandro stop verrò sotto casa tua con i miei amici di scopetta stop ti ucciderò perché sei un nemico della patria stop”. Quale quotidiano avrebbe mai incitato i lettori a considerare un divulgatore scientifico come un nemico da combattere?
Prima che il Grande Fratello inducesse il pubblico a pensare che nella vita tutto si può decidere tramite televoto, un cittadino italiano era consapevole del fatto che il Presidente della Repubblica fosse
eletto dal Parlamento e mia nonna non avrebbe mai intrapreso una polemica su chi fosse “il Suo Presidente”, questo no perché non l’ho votato. D’accordo, aveva una spiccata ammirazione per Berlusconi, monarca assoluto e presidente di tutto, da Fininvest alla Repubblica e non credo considerasse l’esistenza di Scalfaro, ma non ne parlava in pubblico, solo qualche commento durante il telegiornale, in famiglia. Esisteva un certo pudore.
L’anzianità partiva già dai cinquant’anni, si poteva godere di qualche decennio in più di autorevolezza nel secolo passato. Oggi a sessant’anni sei in forma perché la convinzione di essere bello come i filtri social ti fanno sembrare, ti motiva a restare nella fascia dei giovani. A quell’età sei perfetto per andare in Televisione a dare baci a stampo nei dating show di Maria De Filippi, piangendo perché a quello non piaci abbastanza e quella ti ha solo illuso. C’è questa adolescenza di ritorno che finisce solo nel momento in cui si salta qualche appuntamento dal parrucchiere e si comincia a vedere la ricrescita grigia, pur tuttavia l’età biologica non siamo ancora riusciti a domarla e allora spuntano queste strane creature che mi terrorizzano: qualcuno mi aiuti.
Sono ibridi o forse esseri dotati di doppia natura, come Superman che entrava nella cabina del telefono col riportino e ne usciva con un ciuffo vezzoso, in una tuta attillata strizza-pene.
Questi nuovi sessantenni social postano foto rassicuranti con figli, nipotini e animali domestici, augurano tante care cose a parenti e amici, sono quasi formali nei post natalizi e buon compleanno caro, grazie per aver accettato la mia amicizia, onorata di essere tra i tuoi amici.
Poi si mettono a guardare un talkshow serale, si convincono di saperla lunga e prendono in mano il cellulare perché hanno accumulato troppa indignazione e la devono far scontare proprio a me.
Scrivo un post sull’incoerenza di un certo politico, motivando la mia opinione con fatti oggettivi e costruendo faticosamente un discorso, ostacolata dal numero esiguo di caratteri a disposizione.
Consapevole della responsabilità di parlare a un pubblico, nel tentativo di non essere fraintesa e di portare un contributo positivo al dibattito pubblico, cerco di essere chiara e sintetica ma efficace e
puntuale. Mi impegno a offrire un buon prodotto a chi mi legge, a non mentire, a non ferire, a non offrire un cattivo esempio.
Stigmatizzo il comportamento di un animale politico che mente spudoratamente, proponendosi come simbolo della lotta per i diritti civili, mentre foraggia la propaganda di chi cerca di eroderli. Rileggo
il post, lo analizzo a livello di grammatica e sintassi, poi valuto l’efficacia del messaggio, mi chiedo se sia più elegante aggiungere una virgola perché la frase mi sembra nuda, potrei allungare o forse
troncare con un punto e a capo. Si può sempre far meglio. Invio.
Dopo venti minuti arriva lei, Mariella, che mi dà del voi, o forse mi ha preso per un collettivo, e mi accusa, anzi, Ci accusa di volere ripristinare la schiavitù. Mi attribuisce, anzi Ci attribuisce il demerito di voler accogliere i migranti invece di lasciarli affogare, allo scopo di utilizzarli come forza lavoro, almeno così credo di poter interpretare il suo post grammaticalmente fantasioso.
Le mie certezze vacillano, torno al mio post e lo rileggo più volte per capire dove ho sbagliato a digitare, quale refuso possa aver destabilizzato la signora Mariella, quale concetto possa essere stato frainteso. Non trovo nulla. Mi chiedo e addirittura Ci chiedo: abbiamo forse noi un ghostwriter che complotta al fine di rovinare l’efficacia dei nostri post? L’eloquenza della retorica, la squisita eleganza della frase? La geometrica bellezza della punteggiatura?
Oppure, signora Mariella, ma che cazzo dici? Chi siamo noi? Da quale delirio sei spinta?
Ormai Mariella è uno starno animale che devo assolutamente comprendere, una sorta di Escape Book, un mistero, la Sacra Sindone, un romanzo di Eco che capirò solo a metà.
Visualizzo il suo profilo. Rabbrividisco. La cara signora Mariella alterna composti e distinti auguri, foto della figlia adorata, affetto, cuoricini e buongiorno a tutti, a post politici che mi spingono fin dentro la sua concezione del mondo, della giustizia e della democrazia.
Apprendo che un “reato universale” non vale “universalmente” per tutto il creato ma solo per l’Italia, dunque perché i comunisti (che scrive con la K, provocandomi un inizio di svenimento) non smettono di rompere le palle a quel bravo Musk che ha avuto figli tramite GPA?
Una sventurata, capitata su quei lidi spinta dalla mia stessa, insana attrazione verso l’orrido, le risponde con un certo tatto che dovrebbe smettere di scrivere cose imbarazzanti: ha una famiglia che potrebbe provare vergogna per certe uscite fuori luogo. Mariella parte con un insulto semplice, un turpiloquio quasi innocente, non vuole scatenare l’artiglieria pesante sotto la prima risposta al suo forbito intervento. L’interlocutrice le si avvicina metaforicamente con garbo, vorrebbe sostenerle il braccio e accompagnarla
gentilmente verso l’uscita, le spiega che sta facendo la figura di quella politica condannata per peculato, che va in Televisione a fare il verso del cagnolino. La signora Mariella tira fuori il kalashnikov e sferra l’attacco finale, dichiarando che il verso che le si addice è quello della scrofa. Non aggiunge “sgronf sgronf” e questo mi dispiace perché interrompe la narrazione, la rende un po’ troppo impersonale.
Leggo ancora qualche post, la vita secondo Mariella, l’ammirazione verso certi giornalisti da talkshow, il senso di esaltazione nell’usare un’ironia alla quale nessuno sa controbattere. Mariella non immagina che dall’altra parte del monitor ci siano migliaia di occhi che la leggono provando un senso di pietà. La combattente social è convinta di aver vinto perché ha ottenuto l’ultima parola, lei scrive “scrofa” e si aspetta che l’altra, ormai ridotta in fin di vita, tenti un ultimo, disperato attacco, “ti puzzano i piedi”. Invece no. Quella tace in segno di sottomissione e resa. Mariella è grande. Mariella è Putin. Mariella fonderà la nuova capitale d’Europa, Santa Mariellaburgo e regnerà incontrastata contro tutte le scrofe saccenti del web.
Ecco, io in questo mondo non ci vorrei vivere. Questo spazio virtuale abbandonato dalle persone razionali e lasciato agli sbraitanti, alle marielle inselvatichite. Frequentare i social è diventata una quotidiana autopsia all’interno di menti agonizzanti.
Si viaggia sempre più in profondità, nella testa inospitale e selvaggia di Mariella.
©Ale Ortica