Certi giorni, diceva, incontro me stesso e faccio finta di non conoscermi. Non mi saluto nemmeno. Così si rivolgeva alla scrittura. Coccolava la sua scrittura come un figlio. Ma di quel figlio lui si sentiva figlio. Era come se avesse messo sulle tracce di se stesso un investigatore. E l’investigatore era lui. Io potrei essere
ovunque, diceva. Ora come ora, mi ritengo scomparso. Mi farò vivo, diceva. Assecondava la cattiveria della sua scrittura, fingendo di non accorgersene. Subiva e taceva. Aveva imparato a subirla in
maniera totale. In pratica era rassegnato alle angherie della sua stessa scrittura.
In amore, diceva, non sollevare il capo.
©Davide Marchetta