Gennaio sarebbe stato un mese impegnativo e meraviglioso, tutti i
suoi sforzi stavano per essere ripagati, le sue ambizioni lo avevano
portato lontano. Aveva studiato, era stato seguito da professionisti
scelti con cura, si era impegnato dedicando tutto sé stesso a
raggiungere quel successo. Era maturo e indipendente, la sua
famiglia poteva essere fiera di lui.
Quel natale era speciale e lo viveva respirando ogni singola spora di
festività con avida bramosia, come un naufrago che ha appena
toccato terra e può riempire finalmente i polmoni.
Poteva riposare un po’ dopo tanto lavoro, eppure, adesso che si
sentiva bravo, non riusciva a godere di quell’attesa, aveva voglia di
riprendere subito a impegnarsi, notte e giorno, pavoneggiarsi un po’
con gli amici e soprattutto coi nemici, che lo avevano sottovalutato
e trattato con alterigia. Ecco il matto, quello che fa esplodere le
miccette, il cretino bombarolo, dove pensa di arrivare, nessuno gli
concederà fiducia. Avevano sottovalutato il potere della
frustrazione.
Non era certo diventato un primo della classe, quello no, ma aveva
fatto tutto il necessario per convincere chi doveva valutarlo.
Alla mancanza di nozioni, suppliva con un’irrefrenabile fantasia. Se
non sapeva, inventava. Riusciva a farlo con una spudoratezza tale da
convincere l’interlocutore che il Presidente degli Stati Uniti era un
alieno e se gli strappavi la pelle finta, scoprivi che in realtà era un
rettile. Attenti, quello mangia i bambini, e d’istinto ti giravi, temendo
che qualcuno ti stesse minacciando. Mi hanno riferito di una
famiglia che cattura i gatti per strada e compie strani riti in giardino,
giuro, lo so per certo, e subito pensavi al tuo micetto, solo in casa,
chiedendoti se avevi chiuso bene le finestre prima di uscire.
Aveva in effetti una notevole immaginazione, anche un suo
professore lo aveva incoraggiato a provare il corso di scrittura
creativa, ma lui aveva altri interessi e aveva continuato per la sua
strada.
Non capì mai la differenza tra fantasia e menzogna, ma sapeva
proporsi al mondo con una convinzione tale da risultare vincente.
Che bel natale era quello. Alzarsi presto la mattina, assaporando le
soddisfazioni future, fare colazione in famiglia, tutti insieme, e
indagare gli sguardi dei suoi cari per carpire un sentimento di
orgoglio e gratitudine per l’impegno profuso. Non c’è riposo per
una mente eccitata dal successo, ogni giornata di festa procedeva
con incontri, pranzi pieni di affettuose risate insieme agli amici
vecchi e nuovi. C’erano pure quelli antipatici che gli avevano reso
difficile il percorso, avevano parlato male di lui, lo avevano
insultato, chiamato incapace, pazzo per giunta, Dio mio, quanta
crudeltà. Ma lui aveva perdonato. Dimenticato no, solo perdonato.
Del resto era bello assistere alla loro redenzione, un cambio radicale
di atteggiamento, dal disprezzo alla soggezione.
Era stato bravo, aveva dimostrato di potercela fare pur partendo
dall’ultima fila, il cavallo zoppo e svantaggiato che non riceveva
incoraggiamenti da nessuno, questo è carattere. E adesso: temetemi
ragazzi.
Il bullo peggiore, quello che veniva ascoltato da tutti come fosse un
padreterno, lo aveva umiliato affibbiandogli nomignoli degradanti e
aveva giurato che lo avrebbe ostacolato sempre, eppure, adesso era
lì. Era entrato col cappello in mano, lineamenti tesi, sembrava che la
faccia venisse tirata da un’aspirapolvere. Magnanimo, il padrone di
casa, gli fece cenno di prendere posto. Una leggera incertezza, il
timore di ritrovarsi su un cuscino scorreggione, posso sedermi?
Certo caro. Posso salutarti? Mi fa tanto piacere, caro. Posso bere un
bicchier d’acqua? Accomodati, caro, fa come fossi a casa mia.
A capotavola si ergeva come un monolite sui commensali seduti,
scomodi, nessuno a proprio agio. Adorava assaporare le note salate
della vendetta, guardare tutti dall’alto e sentirli vibrare di
nervosismo, c’è un nuovo re in città.
La mattina di natale, sotto l’albero più chiassoso di sempre,
giacevano in bella mostra 42 pacchi di varie dimensioni. Lui corse a
valutare l’entità dell’affetto dei suoi cari, contò velocemente i regali,
si accigliò e li contò nuovamente,
«42? Ma l’anno scorso ne ho avuti 45!»
L’aria vibrò di una perfida elettricità. La donna, un tempo una
bellissima modella dall’est Europa, si avvicinò con la consueta
cautela e un’espressione resa indecifrabile da anni di sofferenze e
umiliazioni, «ma caro, mancano ancora i regali di zia Marge, del tuo
amico Elon e poi la nostra gita ai piedi del muro al confine col
Messico. Inoltre, stasera verrà servita la tua cena preferita, quindi
vedi? Quest’anno hai ricevuto un regalo in più.»
Non era convinto, ma ebbro di soddisfazione per i propri successi,
decise di soprassedere e cominciò a strappare velocemente tutte le
confezioni dei pacchi regalo. Saltò in sella alla nuova bici con
pedalata assistita e andò a sbattere contro il tavolo già apparecchiato
per il pranzo, facendo cadere uno dei piatti della festa e infrangendo
un pezzo di cuore della donna. Gettò via la bici e disimballò il
televisore da 99 pollici, lo sollevò con aria trionfante e andò in cerca
di una presa, ridendo come un satiro. I ragazzi si nascosero sotto il
tavolo, la donna si tuffò sotto l’elettrodomestico per evitare che gli
cadesse dalle braccia, una piega del tappeto, uno spigolo non
previsto e subito una crepa infestò il grande monitor ancora
protetto dal cellophane. Lui udì lo scricchiolio e sbraitò, a cosa mi
serve un televisore se non posso accenderlo, accidenti a questa casa,
mai una presa quando serve. Lasciò cadere il regalo sotto gli occhi
spiritati della donna e tornò a dedicarsi ai pacchetti più piccoli. Un
piccolo monitor si accese tra le sue mani schiudendo pagine di testo.
Lui ringhiò spazientito «sono le istruzioni, queste? Non ho tempo
per leggerle, ditemi come funziona.» Uno dei ragazzi uscì dal rifugio
improvvisato, sotto il tavolo, e spiegò che si trattava di un E-book
Reader, non di un videogioco. L’oggetto fu immediatamente gettato
a terra. Poi furono scartati quadri d’autore, ti scongiuro, non
distruggerli, servono per intimorire e assoggettare i bulli che ti
prendevano in giro, lo pregava la donna. Lui acconsentì. E poi
elettrodomestici per acconciare i capelli, quelli sì, suscitarono
apprezzamento e ancora cravatte e cappellini con la visiera intonati
e un cavalluccio e dondolo elettrico delle dimensioni di uno stallone
da monta. Scoprì una cassapanca con un semplice fiocco rosso e un
biglietto “dai tuoi figli”, sollevò il coperchio e i suoi occhi
strariparono di lacrime in pochi istanti.
Imbracciò un fucile d’assalto, contò le munizioni, sfiorò le rotondità
di tutte le bombe come fossero le curve delicate di una donna
meravigliosa, cullò la Beretta tra i singulti della commozione,
appoggiò ogni arma con calma e rispetto dopo aver esaminato tutti i
componenti. Posò felice per una foto sotto l’albero, un
semiautomatico tra le braccia e la sua famiglia intorno, tutti
indossavano cappellini da Babbo Natale.
Natale 2024, il più felice di sempre per Donald.
©Ale Ortica