Janna

L’uomo si fermò davanti a una struttura che sembrava un ristorante cinese, o forse una specie di pagoda, un edificio di tre piani, ognuno con un tetto spiovente e gli spigoli verso l’alto. Si accedeva attraverso un’arcata dorata, percorrendo un acciottolato bianco, luminoso, graziosamente impreziosito da piccoli led a forma di goccia, inseriti direttamente nelle fenditure tra i sassi. Alcune lacrime di luce sembravano indecise, altre erano decisamente fulminate, “art decor by Mergellina”, pensò, mentre appoggiava cautamente un piede e poi l’altro sul sentiero luminoso.
Raggiunse un atrio spazioso e ricco di colori. Splendidi arazzi affogavano tutta la superficie disponibile in verticale e tappeti lanuginosi giacevano sul pavimento. Ogni suono era attutito, ogni sensazione risultava
lontana, persino i pensieri venivano assorbiti dalle imbottiture di quell’ingresso monumentale. L’uomo avanzava senza muovere le gambe, attratto da una forza gentile verso un lungo bancone bianco,
spoglio, ad eccezione di una stilografica incatenata da un sottile ordito dorato, e uno scarno fascicolo.
Si fermò e attese, sapeva che doveva essere in quel luogo e che qualcuno lo stava aspettando.
«È bello vederti».
Si stava rivolgendo a lui e sebbene l’uomo non lo guardasse, sapeva che egli stava sorridendo e che il suo atteggiamento era amichevole e confortante. Aveva un’ampia percezione dell’ambiente, sentiva
l’edificio. L’altro era chiaramente indaffarato, ma felice per il suo arrivo, non lo perdeva di vista e il suo atteggiamento era di accoglienza. Nulla era strano o fuori posto.

L’uomo era appena arrivato e sapeva solo che si sentiva molto bene, rilassato, una sensazione di formicolio nello stomaco, brividi sulla pelle come quando ci si asciuga al sole dopo una nuotata.
Ebbe la sensazione che Il Saggio fosse incuriosito da lui, che avesse cambiato atteggiamento. Sembrava che qualcosa non fosse al suo posto. Lui, per esempio.
Gli disse «mi ricordi qualcuno, sei esile e quella bocca da ciucciadito… dimmi, per caso ti piace vestirti da topa?»
«Era Hello Kitty, ed era carnevale, una festa».
«Ecco, carnevale, infatti non mi sembravi arabo, anche se sei magro, tanto magro».
«È per quello che il costume vestiva male e non si capiva bene», l’uomo si rattristò per un attimo, poi fu consolato dal tocco dell’altro, una carezza gentile e il senso di benessere tornò dentro di lui.
Percepì Il Saggio seduto difronte a lui, coi gomiti appoggiati alle ginocchia, in posa meditativa. Adesso era tutto scuro, ma non si chiese dove fosse finito tutto quel colore chiassoso che lo aveva
accolto all’inizio. Profondamente rilassato, immaginò per un attimo di stare sognando, e sperò di non essere costretto a svegliarsi. Non gli importava più di nulla, neanche della sua vita, che adesso era
diventata un puntino luminoso, lontano, perso da qualche parte.
Desiderava solo restare lì, dentro quel piacere, in compagnia di quella presenza amichevole, «Saggio, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Il Saggio comunicò una sensazione di inquietudine «no, non puoi portare con te ricordi del genere, è tutto sbagliato. Quello che sai non conta».
No, non ti innervosire, restiamo amici, seduti qui, per sempre, pensava lui e siccome Pensieri e Parole avevano lo stesso effetto in quella situazione, e Conosci me, il nome mio, Tu sola sai se è vero o
no che credo in Dio… (No! ti ho detto che quei ricordi non valgono qui), i due uomini comunicavano indifferentemente con le sensazioni e con la bocca.

Il Saggio si chiuse nelle sue meditazione e i suoi dubbi restarono preclusi all’uomo, finché non arrivò a una soluzione.
«Adesso alzati. È Janna la tua destinazione».
«Impossibile. Mai coperta Gianna».
«È un giardino, bello, grande, ben tenuto, neanche una cartaccia».
«Quindi devo lasciare Roma? Va bene, non mi importa, in effetti non ho più interesse per ciò che facevo prima. Che strano».
«L’interesse per qualcosa tornerà: in quel giardino troverai un numero indeterminato di spose, tutte per te. Buone, belle e modeste di sguardo. Purissime, per giunta».
«Vergini? Non saranno mica una settantina?», rispose l’uomo ripensando a una certa leggenda che aveva sentito, o forse una barzelletta, vediamo, c’era un marocchino napoletano, Mohammed Esposito, che andava in paradiso. No quella era la barzelletta di Berlusconi, che adesso chissà in quale paradiso sarà. Non nel suo, sperava, avendo ritrovato un certo desiderio sessuale e la speranza di non dover dividere nulla col Cavaliere.
Il Saggio tagliò corto «il numero è imprecisato e ti dico subito che non sono vergini».
«Sono vecchie inchiavabili, per caso?»
«Chiavabilissime. C’è un tizio che è arrivato qui prima di te, che mi ha fatto la stessa domanda. Curioso. Comunque sono modeste di sguardo. Pure di pensieri, gentili, tanto carucce loro, non assumono
posizioni politiche, non fanno cagnara contro le trans: non fanno nulla sostanzialmente»,
«Neanche si concedono?»
«Quello sì. Controvoglia e modeste di sguardo».
«Sicuro che siano modeste di sguardo? No, perché io a certe cose ci tengo»,
«Modestissime»,
«Allora va bene. Dove si va?»
Il Saggio svanì dalla vista, ma ciò non vuol dire che non ci fosse più.
L’uomo percepì sé stesso in piedi e in movimento, non c’era aria che toccasse il suo corpo, eppure sapeva di essere proiettato verso un altro luogo. Si fermò ad ammirare il paesaggio in stile orientale che lo circondava, le donne di varie età erano tutte intorno a lui e sorridevano benevole e gentili. Non si domandò se fossero vestite, la sua attenzione era dedicata interamente all’atteggiamento delle
ospiti. Esse lo attendevano e lo conoscevano. Gli volevano bene.
Che creature d’animo morbido e accogliente, che tenerezza e poi, modeste di sguardo. Sapeva che Il Saggio era lì, se desiderava ci fosse, quindi lo evocò col pensiero e gli chiese «questo non è il paradiso, cioè non è quello che mi hanno insegnato fin da piccolo. Sembra tanto quello dei musulmani, se posso permettermi. Ma non può essere quello perché io sono un… ultra cattolico», pronunciò le ultime parole con riluttanza, temendo che qualcuno si accorgesse dell’errore e lo spedisse in un luogo diverso, dove putti obesi ti osservano con aria di sfida e pie donne dallo sguardo contrito passano l’eternità a guardare in alto, senza cagare nessuno. Il Saggio entrò nel suo campo visivo, come se non fosse stato mai altrove e
gli sorrise senza muovere le labbra. L’uomo temette di doversi svegliare da un sogno meraviglioso, si aspettava che non avrebbe mai ricevuto risposte dalla sua guida, perché tutto quello che aveva
visto e sentito in quel luogo di pace era solo il risultato di un dialogo interiore. Ma Il Saggio era reale e gli rispose «non ha importanza quale religione tu pensi di aver praticato, ogni cosa è quel che è.
Questo posto esiste a prescindere da come viene raccontato e un uomo è definito da ciò che fa, da come modifica il mondo con le sue azioni».
Le donne erano ferme intorno a lui e continuavano a sorridere con tutto il loro essere, mentre le bocche erano perfettamente immobili in una posa neutra. Il Saggio continuò «questo posto è tutto tuo, lo hai edificato tu stesso con le tue scelte e i tuoi sentimenti. Ogni uomo torna nella dimora che si è
costruito».
Il calore di quelle donne era confortevole, un vago ricordo della coperta morbida che lo avvolgeva da piccolo, un senso di soddisfazione lo scaldò. Nulla si muoveva e lui desiderava che fosse così per sempre. Non pensava più alla moglie e ai figli che aveva lasciato indietro, non c’erano amici che lo amassero tanto quanto quelle donne che erano lì solo per lui. Persino il lavoro, l’ambizione che lo aveva spinto più di ogni altro sentimento, tutto era lontano, finito in quella lucina abbandonata nell’atrio.
Chiese al Saggio «quindi non esiste il paradiso dei cattolici, le arpe, l’organo, la vita eterna a contemplare Dio? Sono tutte fandonie?»
«Perché non dovrebbe esistere? Dove pensi che vada un buon pastore cattolico dopo la morte? Te l’ho spiegato prima, ognuno torna nella casa che si è costruito. Tu hai passato anni preziosi a elaborare leggi per il tuo Paese, incentrate sul patriarcato. Le politiche del lavoro che hanno aumentato le disuguaglianze tra uomini e donne, le dichiarazioni sessiste, i discorsi umilianti. Non poteva che essere questo il posto che ti stavi costruendo, non ti pare?»
L’uomo, che fu un ministro di destra, si compiacque per la propria lungimiranza, lieto e orgoglioso di apprendere che aveva sempre avuto ragione. Del resto, si era meritato il paradiso, no?
«Quale paradiso?» disse il Saggio senza muovere le labbra.
«Pensavo alla mia vita, alle decisioni che ho preso. Da ministro ho dato agli elettori di destra ciò che volevano, che si aspettavano dal nostro governo. Politiche forse un po’ classiste e non è stato sempre
facile difendere… no, rivendicare piuttosto, certe posizioni che potevano sembrare contro le donne.
A dir la verità, una certa opposizione, pochi presuntuosi intellettualoni e giornalistoni, mi mettevano anche in difficoltà, inducendomi quasi a dubitare delle mie scelte. Ma non importa, ora ho la conferma che ho agito bene, ho sempre avuto ragione io. Del resto vado in paradiso, avrò pur fatto un buon lavoro».
«Veramente di paradiso hai parlato sempre e solo tu».
L’uomo guardò le donne in cerca di conferme. Quelle gli sorrisero, stavolta anche con la bocca, spalancarono le fauci e gli si gettarono addosso.

©Ale Ortica

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