E così finalmente ci conosciamo, disse lui con un sorriso incerto e gentile.
Lei annuì, versandogli nella tazzina bianca a disegni blu un caffè forte e scuro.
Era ora, non credi? osservò lei, sedendoglisi di fronte.
Lui corrugò la fronte, senza aggiungere parola.
Bevvero il caffè in silenzio ed era un silenzio quieto e rilassato, privo di quegli imbarazzi e di quelle timidezze che a volte caratterizzano i primi incontri.
Dopo tanti anni... seguitò lei.
Due? Tre?
Con precisione, non lo ricordavano, ma in fondo era poco importante.
Lui si guardò attorno: la cucina era piccola e disordinata, zeppa di oggetti che rimandavano alla forma felina: dall’orologio da parete ai ganci per gli strofinacci, tutto sembrava avere orecchie e coda e vibrisse.
I tuoi gatti dove stanno? chiese lui incuriosito.
Credo sia sufficiente che uno dei due desideri vederli, rispose lei.
Lui si voltò giusto in tempo per accorgersi che un enorme gatto grigio saliva d’un balzo sulla tavola e gli si parava di fronte, a caccia di carezze e considerazione.
Posso desiderare anche una fetta di torta? chiese lui ridendo.
Lei fece spallucce, allungandogli un piatto su cui stava adagiata una porzione abbondante di crostata alle fragole.
Lui finì il caffè e spazzolò la crostata.
Credi che i sogni facciano ingrassare? chiese lui.
Non penso proprio, lo rassicurò lei.
Presero a parlare di libri e poi di vacanze, di viaggi, di musica e poi ancora di libri, di quelli che avevano letto e di quelli che ancora aspettavano in disordinate file su tavolini e scrivanie.
E poi parlarono di persone e di sentimenti, di emozioni e di ricordi.
La prima volta che ti ho letta, disse lui e forse le fece un complimento perché lei arrossì.
Poi lui sbirciò l’orologio: è tardi, mormorò, mi sa che devo andare.
Peccato, disse lei, ma non fece nulla per trattenerlo.
Al prossimo sogno, si congedò lui.
Al prossimo sogno, rispose di rimando lei.
©Viviana Gabrini, 2015 (tratto da I fili di Arianna, Primula Editore)
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