… perché a volte ci si stanca sai tutte queste parole questo spreco questo voler esserci e dire e non ascoltare e mostrare senza vedere e parlare senza voce e suoni suoni rumore come sassi che rotolano e questa stanchezza che ti porta via e non è vero che ci si ascolta e ci si rispetta è solo rumore di fondo e cielo nero e battere pugni sul tavolo come bambini vecchi senza più innocenza senza più pudore solo urla e parole urla e parole vanità e piccolezza e sussurri e grida ma che rimbalzano su corpi oscuri e blindati non ci sono mani tese solo occhi chiusi e pugni chiusi e porte chiuse e muri alzati e fuoco e fiamme la paura di essere soli ma senza la voglia di stare insieme e tutta questa stanchezza che ti trascina via verso il basso che è uguale all’alto ma tanto che differenza fa se non mi ascolti se non mi guardi se non sai nemmeno chi sono anche se dici di conoscermi dove pensi di andare senza gambe senza occhi senza mani solo con un passato che pesa e un futuro che non ti accoglie e un presente che se ne lava le mani e tanto chi se ne frega se si muore se si è vivi se il cielo è sopra o sotto se il mare è di plastica e le case di cartone perché a volte ci si stanca di tutto questo fragore che scioglie il silenzio che sbatte le finestre e incastra i sassi sotto le suole delle scarpe e ti fa sentire il dolore sulla pelle nelle ossa dentro il cervello perché è tutto questo correre verso il niente che ci lascia indietro senza amore imbottiti di rabbia e Lexotan vino da poco e sigarette spente perché a volte ci si stanca anche di pensare e di non pensare e allora fai il vuoto intorno ma il vuoto non è fuori è dentro e non importa se sei uno mille o centomila sei solo quel vuoto di passione sei solo un avanzare a stento a rilento privo di conseguenze incapace di fermarti vorresti essere come gli altri che dicono sì andrà tutto bene anche se lo sanno che non è vero che è già andato tutto storto e che il viaggio non è più al termine della notte perché non c’è più neanche la notte e nemmeno il giorno però a volte si ride un riso che sa ancora di qualcosa che potrebbe definirsi un aquilone che vola e poi non lo vedi più e ti mancano gli abbracci anche quelli che non sapevi avresti voluto perché a ogni ora che passa la stanchezza si porta via un pezzo di te e il silenzio diventa irragionevole e i rumori sediziosi campi di battaglia deserti l’immaginazione non è più gli occhi che ti facevano creare mondi è diventata cieca e solo la paura ingrassa della paura che senti riflessa in tutti gli occhi che incontri e che sogni dio quanto spreco quante rinunce quanti sbagli che nessuno ti farà rammendare o seppellire perché a nessuno interessano i tuoi sbagli fino a quando non diventeranno anche i loro e allora forse a quel punto cominceranno a gridare gridare ma non avrà più importanza perché ognuno è solo sulla terra trafitto da un raggio di sole ma non è subito sera è una lunga agonia e l’unica cosa che vorresti l’unica al mondo è che chi ti ha lasciato fosse qui anche solo per un secondo anche solo per dire aspettami per favore aspettami per favore devo dirti questa parola solo questa ma è la più importante quella che non ti ho detto mai aspettami per favore per favore per favore ti prego aspettami non lasciarmi solo che qui le parole si sciolgono e i silenzi si fanno pietra aspettami ovunque tu vada ti prego per favore portami con te…
© Barbara Garlaschelli, 2020
© foto di copertina di Raffaele Rutigliano, 2020
(Testo pubblicato sul blog Le parole e le cose)