Eccole. Le mani.
Aperte, con le dita tese. I polpastrelli come ciliegie. Le falangi come ramoscelli.
Mani aperte. Con linee nette e definite. Mi sembra assurdo che non le abbia mai notate finora.
Quella del cuore pulsa, la vedo danzare, ballerina di epidermide.
Quella della testa sembra stanca, alla ricerca di uno spazio nuovo, vuole farsi notare.
Quella del destino, lei sì che è esausta. Ha fatto il suo dovere e si è adagiata. Sta riposando.
Quella della vita corre fino a girare verso il dorso e non ne vedo la fine.
Eccole, le braccia.
I polsi fremono e il tremolio si propaga per tutta la lunghezza.
Le braccia offerte, aperte, come due coperte.
L’incavo del gomito non fa più paura e si mostra nel suo splendore.
I bicipiti si rilassano e lasciano spazio al corpo.
Eccolo. Il corpo.
Il collo bianco si concede.
Le spalle in attesa di sostenere i menti.
Il petto è lì, come fuoco in un camino.
Il ventre può tornare ad accogliere. Di nuovo.
Eccolo.
Quattro braccia si uniscono.
Il collo bianco attende il tepore.
La bocca regala il caldo soffio sulla pelle.
Le gambe si incastrano, i corpi aderiscono, i capelli si intrecciano.
Le guance riconquistano colore e gli angoli della bocca cambiano piega.
Le voci si bloccano, le gole si seccano. Gli occhi si riempiono.
Il cuore accelera, le fibre si distendono. Lo stomaco ride.
Eccolo, l’abbraccio.
È tornato.
©Davide Morresi, 2020
Davide Morresi nasce a Jesi nel 1978. Si laurea in Psicologia del Lavoro e attualmente lavora nelle risorse umane.
Vive nelle Marche nelle colline dell’entroterra senigalliese.
Musicista e camminatore, suoi racconti compaiono in varie antologie pubblicate da Le Mezzelane, Historica Edizioni e Ventura Edizioni.
Ha ideato e gestisce il blog Read and play.