Stress

Il giorno in cui Floriana Farnesi iniziò a perdere le parole non se ne accorse nessuno. Forse, facendo maggiore attenzione, qualcuno avrebbe potuto notare il volteggio di lievissimi segni neri intorno alla sua persona, come se le stessero cadendo manciate di sopracciglia. Ma non lo erano. Floriana Farnesi stava perdendo virgole e punti. Da troppo tempo non si prendeva una pausa. Rincorreva la sua vita di continuo, sempre in anticipo su ciò che doveva e sempre in ritardo su ciò che avrebbe voluto fare. Troppo. Si addormentava compilando lunghi elenchi mentali di impegni, di cose da comprare, persone da vedere, email da scrivere, dottori da chiamare.

Vivere senza punteggiatura è possibile, lo fanno moltissime persone al giorno d’oggi. Persone che non vanno a capo, che non prendono un respiro e vivono d’un sorso, senza gustare niente. I problemi veri per Floriana cominciarono quando iniziò a perdere parole intere. La prima ad andarsene fu: dormire. Floriana Farnesi soffriva d’insonnia. Mica quella cosa per cui si fatica ad addormentarsi o si fanno sonni agitati. Floriana Farnesi non chiudeva occhio. Nemmeno un attimo. Da quasi tre settimane.

Rincorrere tutto divenne un’impresa titanica e ben presto la abbandonarono anche le parole attenzione e pazienza. Floriana Farnesi era stanca, scontrosa, irritabile, sobbalzava a ogni rumore e le pareva che tutti le parlassero urlando. Di contro rispondeva urlando a sua volta, dimenticando gli elenchi di cose da fare, da comperare, persone da vedere, email da scrivere, dottori da chiamare.

A farne le spese furono il frigorifero, gli amici, suo marito e i suoi figli naturalmente. Per non parlare del suo capo. Floriana perse anche buongiorno, buonasera, grazie e per favore. Questo al suo capo sembrò più intollerabile delle relazioni incomplete e del budget di previsione a cui mancava la previsione.

Per questo venne convocata: di mercoledì mattina, nell’ufficio tutto marmo e cristalli dove l’amministratore riceveva di solito solo i clienti di un certo tipo. Dove l’amministratore delegato faceva i cazziatoni. Floriana lo sapeva.

«Dirò che non sto bene» rimuginò tutte le notti prima del fatidico mercoledì  «Dirò che la mia… – come si chiama? – dirò che è diminuita perché ho un problema di salute. Dirò che che i cosi – massì i cosi! I cosi di fine mese! – saranno pronti a fine mese, anche se oggi è il 26 e non li ho manco cominciati. Ah, no oggi è il 27. Dirò che forse è ora che io usi – come si dice? –, ecco sì, dirò che ho bisogno, davvero bisogno di una di quelle cose che si prendono per riposarsi e fare un viaggio.»

Così arrivò il mercoledì-day del cazziatone: Floriana Farnesi venne ricevuta nell’ufficio di marmo e cristalli dall’amministratore delegato a prua del mastodontico tavolo in lastra unica, barricato nel perimetro del suo sottomano in pelle, dietro un’elegantissima cosa dell’acqua.

Floriana Farnesi fissò il contenitore, mentre una cascata di parole come produttività, obiettivi, medio termine, bla, bla, bla, pronunciate da uno che con molta probabilità la stava per licenziare, le inondavano la testa senza nemmeno inumidirla di senso e significato.

«Come si chiama? Come si chiama quella roba lì? La cosa dell’acqua. Accidenti!» era l’unica cosa che importava a Floriana. La vedeva quella parola fluttuare nella sua testa. Era lì, bella, facile, ma irraggiungibile. Una di quelle maledette parole che erano state sue, ma ora le sfuggivano.

«Vaso, bottiglia, coppa…» disse all’improvviso.
«Si sente bene?» chiese l’amministratore delegato.
«Anfora, caraffa, bricco…» continuò imperterrita, come in trance.
«Ha bisogno di qualcosa signora Farnesi?» replicò l’amministratore.
«Ho bisogno di una di quelle cose… quelle cose da fare a casa, fuori da qui …fiasco, boccia, borraccia…ma no!»
«La prego si calmi, prenda un bicchier d’acqua…»
«Acqua?» ripeté Floriana Farnesi avvicinandosi pericolosamente al sottomano in pelle e all’amministratore delegato.
«Acqua!» esclamò alla fine brandendo il contenitore trasparente.
«Ce l’ho! Ce l’ho!»

Floriana Farnesi afferrò con forza quella parola che aveva avuto a lungo sulla punta della lingua e sbroccò davvero, mentre la cosa dell’acqua ricadeva in mille pezzi sul mastodontico tavolo di marmo.

©Anna Martinenghi, 2019
©Foto di Sandra Giammarruto

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