Mi chiamo Petra Stuttgart, ma non è il mio vero nome. Dicono che dovrei avere circa trentacinque anni, e così c’è scritto sulla mia carta d’identità. La data sul documento è quella della mia nascita, il 14 febbraio. Di trentacinque anni fa. Ma non è la mia vera data di nascita. Io sono nata in un canale di scolo alla periferia di Stoccarda. Anche questo mi hanno detto. Era il 14 febbraio. Il 14 febbraio scorso. In realtà io ho solo pochi mesi.
Mi ha battezzato il primario dell’ospedale. Mi hanno detto che ero messa male, che hanno dovuto curarmi, che sono stata in coma dopo essere stato abbandonata nel canale di scolo. Qualcuno mi aveva picchiato fino a farmi perdere conoscenza. L’ho persa per parecchi mesi, poi mi sono svegliata in un letto d’ospedale. Senza documenti. Senza memoria. E allora perché mi ricordo come si parla, come si scrive, come si mangia, come si evacua, tutto… fuorché il mio passato? E perché comprendo e parlo perfettamente il tedesco ma mi viene spontaneo scrivere in italiano?
È un’amnesia, mi hanno informato. Ma non mi hanno saputo dire se sia reversibile. Hanno pubblicato la mia foto sui giornali, ma nessuno mi ha riconosciuto. Forse sarò per sempre Petra Stuttgart. Forse un giorno scoprirò di essere qualcun’altra. Allora tutta la vita di Petra Stuttgart sarà come se non fosse mai esistita. E forse sarà troppo tardi anche per riprendere la vita di quell’altra che non so di essere, ma che sono. Quell’altra che nessuno conosce, o che nessuno vuole ricordare di aver conosciuto.
Mi chiamo Petra Stuttgart. Ma non è il mio vero nome.
©Heiko H. Caimi